Ripercorrere la storia delle pandemie per capire un po’ di più Covid-19

La storia è maestra, dicevano. E leggere l’interessante lavoro di Steve Davies sembra avvalorare, una volta di più, l’antico adagio. Dalla storia delle pandemie si possono trarre spunti per capire cosa sta accadendo con il covid-19.

Abituati a pensare in termini di giorni, a volte di ore, abbiamo perso la capacità di valutare gli avvenimenti osservandoli su un orizzonte di tempo più lungo. Se recuperassimo questo punto di vista ci accorgeremmo, per esempio, che le pandemie sono un fenomeno che ha accompagnato buona parte della storia dell’uomo.

Solo nel ‘900 ci sono state 6 pandemie causate da virus paragonabili, sotto alcuni aspetti, a quel COV-SARS2 contro il quale stiamo combattendo in questi mesi. Alcuni economisti hanno calcolato che queste ondate pandemiche hanno lasciato effetti economici consistenti, riducendo l’output economico globale tra l’1% ed il 2%.

Ripassare la storia delle pandemie e cercare di trovare insegnamenti utili per affrontare quella dovuta al coronavirus, è l’obiettivo di un paper dello storico inglese Steve Davies.

In “Going Viral“, si scopre così che lo sviluppo di una pandemia tende a presentarsi nel periodo di massima espansione di un sistema economico, al quale storicamente pone anche fine. Le vie commerciali sono i principali canali di diffusione. La Morte Nera del 300, ad esempio, si mosse lungo la via della seta per raggiungere i grandi centri europei del commercio. Generalmente le pandemie sono caratterizzate da onde epidemiche, la storia insegna che la seconda ondata risulta più difficile da affrontare e crea danni maggiori. La durata di una pandemia causata di virus varia dai 18 ai 24 mesi; pandemie batteriche, invece, possono continuare anche per un decennio.

La storia sembra indicarci, sottolinea Davies, che l’origine delle pandemie va spesso ricercata nei punti di frizione tra uomo e natura. La Morte Nera del 300, secondo gli studi più accreditati, ebbe origine nell’Asia Centrale, passando poi dai topi all’uomo. L’influenza spagnola vide il suo primo focolaio in un allevamento intensivo di maiali nel Kansas.

Quello che forse può apparire controintuitivo è l’evoluzione del rapporto tra l’uomo e le pandemie. Pur in presenza di conoscenze scientifiche sempre più approfondite e di strumenti e cure all’avanguardia, gli esseri umani del nuovo secolo rischiano di essere molto più vulnerabili di fronte alla diffusione di un virus. Spiega Davies che un’epidemia di asiatica come quella avvenuta negli anni 70, porterebbe oggi a conseguenze ancor più disastrose. Il perchè? Un sistema sanitario razionalizzato che ha ridotto e concentrato i posti letto in strutture specializzate, l’aumento dell’età media in molti paesi occidentali, l’aumento degli spostamenti di persone e la velocità con la quale vengono effettuati.

Ma la storia delle pandemie può insegnarci qualcosa anche sulle conseguenze economiche che esse portano con sé. Davis osserva per prima cosa, forse anche con un pizzico di ottimismo, le spinte all’innovazione che eventi come questi sprigionano; cambiamenti latenti o ancora embrionali, nel modo di produrre ma anche del consumare, subiscono un’accelerazione.

Ma non si possono evitare di menzionare altri effetti, meno positivi: una pandemia si accompagna sempre alla perdita di valore di determinati asset produttivi (quelli più coinvolti), sovente si manifesta una crisi del debito e talvolta l’uscita dalla fase epidemica è caratterizzata da episodi di alta inflazione (per 1 o 2 anni). Di fronte allo shock, si registra poi un atteggiamento di “chiusura” negli scambi commerciali internazionali.

Fonte foto: wikimedia.org

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