La risposta cinese alla crisi differisce da quella occidentale, sostiene il professor Hao Zhou. Più politiche strutturali e meno stimoli alla domanda. Nel frattempo i dati macro raccontano di una ripresa che c’è ma rimane debole.
Nel mese di aprile i sondaggi PMI danno indicazioni di stabilizzazione per l’economia cinese. Dopo lo spunto di marzo si raffredda leggermente il settore manifatturiero mentre continua la risalita di quello dei servizi.
L’indice NBS PMI manifatturiero è passato da 52 a 50.8, rimanendo in area espansione ma segnalando un rallentamento del ritmo in tutte le componenti (ordini, spedizioni, occupazione). Anche l’aspettativa sui prossimi mesi è leggermente calata. Sullo stesso tenore il risultato del sondaggio Caixin, che fotografa una manifattura rallentata rispetto a marzo, con l’indice dei direttori d’acquisto che torna sotto quota 50.
Si diceva, invece, di come il settore dei servizi – il più colpito – stia continuando la sua ripresa. L’NBS Non-Manufacturing PMI, a quota 52.3, ci dice che ad aprile sono tornate a salire le aperture di nuove attività (prima volta in 3 mesi) e che l’aspettativa degli operatori continua a migliorare.
Dall’intero settore privato arrivano invece segnali di rallentamento per quel che riguarda i prezzi. Sia quelli relativi agli input sia i prezzi di vendita.
In attesa di altri dati macro, si può dire che l’economia cinese si trova in quella prima fase di risalita nella quale la protagonista principale è la domanda interna (debole), mentre la domanda estera latita ancora.
La strada sin qui percorsa dalla Cina nel tentativo di innescare la famosa ripresa a V, con l’obiettivo di evitare la recessione nel 2020, differisce sensibilmente da quella intrapresa dalla gran parte delle economie occidentali.
Ce lo ricorda Hao Zhou, tra le altre cose vice presidente del National Institute of Financial Research di Tsinghua. Il ragionamento cinese, spiega Zhou, parte dalla considerazione che la contrazione economica indotta dalla pandemia di coronavirus non è stata generata dal lato della domanda. Siamo piuttosto di fronte ad una recessione che presenta shock contemporanei dell’offerta e della domanda con effetti misti sui prezzi. Per questo utilizzare strumenti da recessione “classica” potrebbe non essere del tutto efficace.
La risposta cinese alla crisi non è stata, come nelle economie occidentali, inondare di liquidità il sistema inducendolo ad una sorta di “coma farmacologico”, spiega Zhou. La Cina ha deciso di mettere in atto una risposta “strutturale” alla crisi. Come? Innanzitutto le amministrazioni decentrate hanno, su forte raccomandazione centrale, messo in campo emissioni obbligazionarie targhetizzate su specifici progetti – una sorta di corona-bond – quali infrastrutture, credito alle imprese, riduzione della pressione fiscale, interventi di stabilizzazione dell’occupazione.
Non siamo ancora in grado di dire quale risposta darà i frutti migliori, tante incognite rendono complicato leggere lo scenario dei prossimi mesi. Una cosa è certa, dalla pandemia passa molto del futuro assetto economico mondiale. Fare le scelte giuste ora avrà un peso fondamentale sugli equilibri del prossimo decennio.
Foto di Andy JARRIGE