E’ sulla bocca di tutti e, sfortunatamente, nei portafoglio di qualche investitore. Stiamo parlando del Bitcoin, la criptovaluta per antonomasia, sulla quale si stanno focalizzando governi e banche centrali del mondo. Cronaca di una morte annunciata o semplici difetti di gioventù?
Dal 2009, l’anno nel quale il fantomatico Satoshi Nakamoto creò il Bitcoin (Wikipedia lo definisce così), di criptovalute ne sono spuntate a bizzeffe. Attualmente il conto, come riporta IlSole24Ore, è di 1506 monete digitali in un mercato nel quale il Bitcoin la fa da padrone con una fetta del 35%.
Questa proliferazione è dovuta in gran parte all’euforia che ha circondato il settore e che ha trascinato il Bitcoin a quotazioni record, tanto da attirare gli sguardi preoccupati di governi e banche centrali.
Il dibattito che si è aperto attorno a questa entità è molto interessante: stiamo parlando di una moneta vera e propria o di uno strumento, seppur atipico, di pagamento?
Come ricorda il vicedirettore di Bankitalia, Fabio Panetta, una moneta dovrebbe avere tra le sue funzioni quella di essere unità di conto, riserva di valore ed un mezzo di scambio. Per Panetta il Bitcoin difetta di tutte e tre le funzioni. Dello stesso parere anche il vice di Mario Draghi, Vitor Costancio. Intervistato da Repubblica afferma che le criptovalute non sono una stabile unità di conto con la quale esprimere il valore di un bene. Se il valore della moneta è troppo volatile questa moneta non può essere un parametro valido per stabilire il valore di un immobile, di un auto o semplicemente di un chilo di pane.
La volatilità del Bitcoin è data – anche – dal particolare meccanismo con il quale si forma il suo valore. Un meccanismo basato semplicemente sullo scambio tra domanda ed offerta.
Per i vertici delle banche centrali il convincimento è che si stia parlando di uno strumento speculativo, un asset terribilmente rischioso e totalmente privo di vigilanza. Il monito lanciato da Draghi al parlamento europeo da una parte e le richieste della SEC (l’organo di vigilanza della borsa statunitense) di un controllo a livello federale delle piattaforme di scambio di criptovalute dall’altra, sono la cartina al tornasole di un clima di diffidenza che ha finito per raffreddare, in maniera piuttosto brusca, la corsa al Bitcoin.
Ma se sembra prematuro parlare di nuova moneta è altrettanto ingiusto trattare le monete digitali come quintessenza del diavolo. Alla Goldman Sachs hanno realizzato un report che dice cose molto interessanti. Innanzitutto, in un prossimo futuro, il numero di criptovalute è destinato a scendere considerevolmente. Secondariamente occorre ricordare sugli aspetti positivi di questo strumento; la rapidità dei pagamenti ed il meccanismo che sta alla base della criptovaluta: la blockchain.
Vi sono quindi aspetti tecnologici che rendono questo strumento capace di competere con le monete tradizionali. Per Goldman Sachs le criptomonete possono diffondersi con un certo successo in aree economiche con una moneta di riferimento instabile o dove esistono forti forme di controllo dei capitali.
Quello che sembra mancare è una regolamentazione. I Bitcoin non sono illegali ma non esistono autorità che garantiscano gli scambi e questo genera zone d’ombra preoccupanti. Lo stesso ministro del Tesoro USA, Mnuchin, ha sottolineato come occorra assicurare che questo strumento non diventi mezzo privilegiato per chi voglia porre in atto manovre fraudolente o di riciclaggio. Inoltre è necessario far capire ai risparmiatori che non siamo in alcun modo di fronte ad uno strumento di investimento.
Se sui media cominciano ad apparire i necrologi della criptovaluta ed un guru indiscusso come Warren Buffet parla di “brutta fine” per i Bitcoin, nel concreto la situazione è decisamente diversa. I punti fermi della discussione sono:
- Le criptovalute, basandosi sulla blockchain, rappresentano uno strumento con caratteristiche sfruttabili per migliorare velocità e sicurezza delle transazioni.
- Ad oggi non si può parlare di moneta ma di strumento, atipico, di pagamento.
- La mancanza di una regolamentazione e l’anonimato degli scambi è il tallone di Achille su cui occorre lavorare
- Attualmente non è per nessun motivo possibile considerare le criptovalute uno strumento di investimento.