Inflazione, nuovi spunti sulla velocità della discesa

Mentre gli ultimi dati sull’inflazione USA mostrano andamenti contrastanti tra variazione annua e mensile, uno studio ridimensiona il peso dei prezzi dell’energia sul carovita e fornisce uno spunto nuovo sulla velocità di discesa dei prezzi nei prossimi mesi.

La scorsa settimana è stato pubblicato l’ultimo report sull’inflazione negli USA. A fronte di una tendenza che si conferma in discesa, l’indice dei prezzi al consumo ha registrato un aumento di mezzo punto percentuale su base mensile. Dato, questo, che ha fatto storcere il naso agli investitori, preoccupati che la FED possa usarlo come giustificazione per ulteriori rialzi dei tassi di interesse.

I mercati finanziari, infatti, continuano a ritenere che l’emergenza inflazione sia per molti versi terminata e che nei prossimi mesi l’indice che la misura continui a scendere verso livelli più “normali”. Una convinzione che trova fondamento nell’andamento dei prezzi delle materie prime, e di quelli dell’energia in particolare. L’equazione prezzi dell’energia più alti è uguale ad inflazione più alta non sembra, però, una prova così solida da portare a sostegno della tesi disinflazionistica che ha alimentato il rally sui mercati finanziari tra la fine dell’anno scorso e l’inizio del 2023.

Se l’andamento dei prezzi del gas ha avuto un ruolo sicuramente importante per l’andamento dei prezzi in Europa, non si può certo dire la stessa cosa per gli USA. E capire quanto il costo dell’energia influisca sull’inflazione non è un elemento marginale, perchè proprio dall’intensità di questa relazione possiamo in qualche modo intuire la velocità con la quale i prezzi scenderanno nei prossimi mesi.

Lutz Kilian e Xiaoqing Zhou della Federal Reserve di Dallas hanno recentemente pubblicato uno studio nel quale provano a spiegare come uno shock sui prezzi dell’energia abbia la capacità di influenzare l’andamento dei prezzi nel brevissimo termine, mentre il dato tendenziale, per il fatto di essere calcolato come media dei tassi annualizzati raccolti nel corso degli ultimi 12 mesi, tende a mostrare una persistenza della spinta inflattiva derivante da uno shock dei prezzi dell’energia anche se questa spinta si è completamente esaurita da tempo.

Questa lettura proposta da Kilian e Zhou dovrebbe far riflettere sui dati emersi dall’ultimo report sull’inflazione negli USA. Se l’influenza dei prezzi dell’energia sull’inflazione è di breve termine, quell’effetto disinflattivo che ancora si legge nel tendenziale sarebbe già da considerarsi concluso.

Foto di Gerd Altmann

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