L’inflazione non è democratica

Osservando i dati di tre paesi europei nel 2021, uno studio di Bruegel ci ricorda come l’inflazione non sia democratica e colpisca in particolare le fasce più deboli della popolazione.

L’inflazione non è democratica. A dire la verità quasi tutti gli “squilibri” macroeconomici tendono ad avere effetti molto differenti sulla varie classi di reddito di una popolazione e l’aumento dei prezzi al consumo non fa di certo eccezione. Ma in un periodo come questo, con la pandemia che ha già dilatato pericolose crepe nel tessuto sociale, aggiungere un ulteriore carico di disuguaglianza diventerebbe esplosivo.

L’inflazione colpisce soprattutto le famiglie a basso reddito. Le motivazioni per cui questo avviene sono sostanzialmente tre. Le fasce più povere della popolazione non dispongono di adeguati risparmi da utilizzare come cuscinetto di fronte all’aumento dei prezzi dei beni e si trovano così costrette a ridurre i consumi. L’inflazione colpisce anche i risparmi erodendone potere d’acquisto se questi non sono investiti in strumenti finanziari in grado di garantire rendimenti reali positivi. Ma le famiglie a basso reddito, molto spesso, ricorrono a semplici depositi bancari per i loro risparmi, con tassi reali negativi e conseguente perdita di valore. Infine i lavoratori con mansioni a bassa specializzazione tendono ad avere salari più bassi e minor potere di contrattazione per adeguarli al carovita.

Il peso differente del rialzo dei prezzi al consumo tra le famiglie a basso reddito e quelle con redditi medio alti è frutto anche di un differente paniere di beni consumati e del peso specifico di ogni bene che nei panieri è inserito. Ce lo ricorda un interessante studio pubblicato dal think tank belga Bruegel* . Analizzando i dati di Italia, Belgio e Francia, la ricerca osserva come nel 2021 i prezzi di alcune tipologie di beni, più frequenti in panieri di famiglie a basso/medio reddito, siano aumentanti molto di più di beni normalmente più utilizzati dalle fasce più ricche della popolazione. Claeys e Guetta-Jeanrenaud, gli autori dello studio, sottolineano il forte impatto dei prezzi dell’energia nelle scelte di consumo dei cittadini. L’aumento dei prezzi di luce e gas significa che una porzione sempre più grande della disponibilità di spesa delle famiglie a basso reddito è destinata a farvi fronte, con la conseguente riduzione (rinuncia) al consumo di altri beni.

Il fenomeno, calcola Bruegel, è particolarmente visibile in Italia e Belgio, meno in Francia dove un intervento governativo sul fronte dei prezzi dell’energia ha ridotto la loro volatilità e contenuto la disugualianza indotta dall’inflazione. Ed intervento governativo è la parola chiave per tentare di ridurre il peso del carovita sulle fasce più fragili della popolazione. Di fronte ad un’inflazione da costi, come quella che stiamo vivendo, la capacità di controllo da parte delle banche centrali è minore e l’intervento della politica fiscale diventa fondamentale.

* Claeys, G. and L. Guetta-Jeanrenaud (2022) ‘Who is suffering most from rising inflation?’ Bruegel Blog, 1 February

Foto di securefix

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