Decoupling dalle emissioni dannose. Buone notizie ed un’eccezione

Uno studio pubblicato dal Brooking Institute ci dice che, dal 1990 ad oggi, si è avviato un processo di decoupling – di disaccoppiamento – tra la crescita economica e le emissioni di sostanze dannose nell’atmosfera.

Settimana scorsa abbiamo parlato di come gli investimenti sulla transizione energetica siano ancora scarsi a livello globale e, cosa ancor più preoccupante, molto disomogenei dal punto di vista geografico. Dal report dell’IEA, emergeva chiaramente la sproporzione tra le risorse stanziate nel periodo della pandemia per progetti green da parte delle economie avanzate, e quelle messe sul piatto dalle economie emergenti.

Ma – si ricordava – sono proprio le economie emergenti quelle che per stringenti vincoli di bilancio sono spinte all’utilizzo di energia a basso costo e che rischiano di rimanere in ritardo nel cammino verso la decarbonizzazione.

Ulteriori conferme su questa divergenza arrivano da una ricerca condotta per il Brooking Institute da Martin Philipp Heger e Lukas Vashold. In particolare i due economisti hanno provato a valutare l’andamento di due grandezze: il reddito nazionale lordo e la quantità di emissioni di CO2. Obiettivo del confronto: valutare il grado di affrancamento, di decoupling, della crescita economica di un’area geografica rispetto alle emissioni dannose. Ovviamente maggiore è il grado di affrancamento e più avanzato si potrà interpretare lo stato di avanzamento della transizione energetica.

Cosa hanno trovato Heger e Vashold? Dal 1990 al 2018, a livello mondiale, mentre il reddito nazionale lordo pro-capite ha mostrato una tendenza al rialzo, le emissioni di anidride carbonica hanno registrato una riduzione del 30%. Due andamenti opposti, testimonianza che un po’ di strada nella giusta direzione è stata fatta.

Ma se il dato aggregato infonde un po’ di fiducia, emerge, altrettanto netta, la difficoltà a mettersi in cammino di una specifica area geografica: il Medio Oriente ed il nord Africa. In questa regione l’affrancamento non si è manifestato, con i tassi di crescita delle emissioni dannose più alti di quelli del reddito nazionale lordo. Altre regioni ad alto tasso di economie emergenti (sud est asiatico, America Latina, Africa sub sahariana) mostrano segnali di quello che i ricercatori chiamano relative decoupling, vale a dire una situazione nella quale, pur continuando a crescere, le emissioni di CO2 aumentano a ritmi più lenti rispetto al reddito nazionale lordo. Livelli di affrancamento marcati (absolute decoupling, reddito nazionale lordo in crescita ed emissioni in calo) si registrano invece nel Nord America ed in Europa.

Come ricordava poco tempo fa il Fondo Monetario Internazionale, ogni minimo ritardo sul cammino della transizione energetica rende più arduo il raggiungimento degli obiettivi della conferenza di Parigi. Per questo è fondamentale che lo sforzo di governi e privati (e secondo l’IEA il contributo dei privati in termini di investimenti dovrà essere massiccio) sia il più possibile sincronizzato.

Foto di CapeCom

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