Yellen ed il nervo scoperto dei mercati: l’inflazione

Le dichiarazioni del segretario al tesoro statunitense, Janet Yellen, fanno saltare i nervi ai mercati finanziari, cosa che capita sempre più di frequente quando l’oggetto della discussione è l’inflazione.

It may be that interest rates will have to rise somewhat to make sure that our economy doesn’t overheat, even though the additional spending is relatively small relative to the size of the economy

Janet Yellen – Atlantic’s Future Economy Summit

L’uscita, ad esser sinceri un po’ scomposta, del segretario al tesoro statunitense Janet Yellen non è piaciuta ai mercati e, supponiamo, nemmeno al suo successore alla guida della Fed, Jerome Powell. Cos’ha detto Yellen? Nulla di strano dal punto di vista macroeconomico: se un’economia accelera e si surriscalda, evento probabile se aumentano poderosamente domanda e investimenti, è necessario – ad un certo punto – che la Banca Centrale intervenga per evitare che i prezzi deraglino. I mercati finanziari, come detto, non l’hanno presa bene, ipotizzando che la Fed possa procedere a breve ad un rialzo dei tassi di interesse. Yellen ha poi provato a riparare all’avventata dichiarazione che, tra le altre cose, ha anche sollevato un dibattito su eventuali ingerenze politiche sull’indipendentissima Federal Reserve. Yellen o non Yellen, il problema di fondo rimane: il mercato teme un forte ritorno dell’inflazione ed ogni qualvolta l’argomento viene trattato, si prende un coccolone.

Inflazione, quindi. Arriverà, sarà temporanea o persisterà il tanto che basta da far scoppiare la ripresa che sta muovendo i primi passi? Domande sulle quali il dibattito tra gli economisti prosegue senza sosta. Su un punto sembrano tutti sicuri: nel breve termine la fiammata è assai probabile. Sul lungo termine le opinioni si dividono. Certo, a guardare le stime del PIL relativo alle principali economie globali parrebbe che, dalla seconda metà del 2021, i ritmi di crescita siano destinati ad un progressivo rallentamento. Questo, salvo l’ipotesi inquietante ma poco probabile di stagflazione, induce a pensare che i prezzi si raffredderanno autonomamente, senza troppi interventi.

Uno dei fattori più frequentemente citati per giustificare l’ipotesi di inflazione forte nei prossimi mesi è la ripresa dei consumi. Guardando ai tassi di risparmio, cresciuti molto nei mesi di lockdown, ed osservando i comportamenti dei consumatori ai primi barlumi di aperture, verrebbe normale pensare che la voglia di acquisti sia molto alta. Ma non bisogna dimenticare che il dibattito sull’inflazione genera incertezza e questa, quasi paradossalmente, potrebbe far traballare un parte dei progetti di acquisto dei consumatori. In altri termini: non è così garantito che la quota di soldi salvati in questi mesi si trasformerà tutta in consumo.

Molti ricordano che, specie in situazioni come queste, è sempre opportuno allargare l’orizzonte di valutazione. Il mondo viaggia da decenni sulla scia di un disinflazione strisciante, e fattori di lungo periodo, come l’invecchiamento della popolazione e l’innovazione tecnologica, unite ad un quasi certo aumento del costo del debito, fanno supporre che invertire di una tendenza di questo genere presenti quantomeno parecchi ostacoli sulla sua strada.

Prepariamoci a mesi di turbolenza sui prezzi e sui listini, con questi ultimi che, recalcitrando a più non posso, dovranno prima o poi farsene una ragione ed accettare che i tassi reali possano tornare sopra lo zero.

Photo: World Bank / Brandon Payne

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