Da 16 anni la Banca Mondiale si preoccupa di stilare un rapporto dedicato al fare impresa in 190 paesi del mondo. Il Doing Business valuta quanto la legislazione influisca, nel bene e nel male, sulla facilità di avviare un’attività produttiva.
Lo spunto ci viene da un articolo apparso, settimana scorsa, sulla rivista The Economist. L’argomento è degno di nota: la facilità di fare impresa. In altri termini, come la legislazione possa essere acceleratore o bastone tra le ruote a chi vuole iniziare un’attività economica. I dati utilizzati nell’articolo sono quelli di un rapporto, titolato Doing Business (DB), che viene redatto da 16 anni dalla Banca Mondiale.
L’analisi valuta la regolamentazione del fare impresa in 11 aree “sensibili”. Si va dall’apertura di una attività, ai tempi di allacciamento all’energia elettrica. Dall’accesso al credito, al pagamento delle tasse.
Il Doing Business, dalla sua nascita nel 2003, ha raccolto numerosi consensi ed ispirato oltre 3500 riforme in 10 delle aree indagate. Il primo ministro indiano Narendra Modi ha addirittura fissato come obiettivo per il 2020, quello di far entrare l’India nella top 50 del rapporto della Banca Mondiale. Anche Cina ed Arabia Saudita guardano con un occhio di riguardo a questa particolare classifica.
Un rapporto, il DB, che presenta tanti limiti. Nell’edizione 2019 non viene tenuto conto della regolamentazione del mercato del lavoro. In generale non sono considerati elementi potenzialmente decisivi come infrastrutture, stabilità dei prezzi e specializzazione dei lavoratori. Malgrado tutto questo, un indicatore sintetico della facilità di fare impresa dice molto di una economia, della sua capacità di attrarre investimenti e di coltivare nuove idee di business. La strada migliore per aumentare la produttività è rendere semplice la possibilità di sviluppare nuove attività economiche. Nel biennio 2017/2018 128 paesi hanno messo in campo 314 riforme, un record, per facilitare il fare impresa.
Dai dati di maggio di quest’anno possiamo dire che, nei 190 paesi considerati, il tempo medio necessario per rendere operativa un’impresa è di 20 giorni, con un costo pari al 23% dei guadagni/pro capite. Nel 2006 la media era di 47 giorni con un costo del 76%. Anche il tempo speso dalle aziende per regolare i conti con il fisco ha subito una netta riduzione negli anni. Nel 2006 le imprese spendevano 326 ore in media per adempiere tutte le operazioni necessarie al pagamento delle tasse, quest’anno la media è di 237 ore.
Negli ultimi 10 anni, a muoversi verso riforme in grado si snellire la burocrazia legata la fare impresa sono state soprattutto le economie emergenti. Cina e India, con 13 riforme complessive, sono nella top ten delle economie con maggiori miglioramenti. La regione dell’Africa Sub Sahariana ma anche paesi con forti difficoltà come Afghanistan, Djibouti, Togo, Costa d’Avorio hanno fatto decisi passi avanti.
Dove è più facile fare impresa nel mondo? Secondo il Doing Business la Nuova Zelanda è al primo posto, seguita da Singapore e Danimarca. Nella Top Ten anche USA (8°), Norvegia (7°) e Corea del Sud (5°). La Germania è al 25° posto. L’Italia è in 51° posizione. La Cina è 46° e l’India 77°. In fondo alla classifica Somalia (190°) ed Eritrea (189°).
Il rapporto, consultabile qui, è una miniera di informazioni e di indicazioni su quali siano le aree da “aggredire” per migliorare il processo di apertura di una nuova impresa. La politica fiscale, il cui intervento in questa difficile fase della congiuntura economica è richiesto a gran voce, dovrebbe partire – anche – da qui.
Foto di Domenico Mattei