Politica monetaria e politica fiscale. Una relazione complicata

La moneta sistema tutto. No, serve uno stato presente e che investe. Politica monetaria e politica fiscale, una relazione complicata. Entrambe mirano alla crescita ma sembra sempre difficile farle lavorare assieme.

Politica monetaria e politica fiscale tendono entrambe ad incidere sulla domanda aggregata. L’impatto della politica monetaria dipende però da come i governi impostano la loro politica fiscale e viceversa.

In un mondo ideale la combinazione di una politica monetaria accomodante e di una politica fiscale restrittiva rappresenta l’humus ideale per la crescita degli investimenti privati, il germe della crescita economica. Tassi di interesse bassi ed ampie risorse a disposizione del settore privato (politica fiscale restrittiva va intesa proprio come minor spesa pubblica e minori tasse), sono le condizioni ideali per permettere ai privati di investire.

Naturalmente il mondo ideale non esiste e l’intervento statale è necessario, ad esempio, per mantenere un alto livello di qualità delle infrastrutture ed incentivare la formazione della forza lavoro. Se questa politica fiscale accomodante viene fatta senza ricorrere all’aumento delle tasse, allora lo scenario espansivo visto nel paragrafo precedente viene mantenuto in vita.

Se si considerano poi variabili come l’inflazione, il debito ed il consenso elettorale, allora tutto quanto si complica tremendamente, rischiando di rendere la combinazione di politica monetaria e politica fiscale un pericolo per la crescita economica.

Un interessante studio condotto dal Fondo Monetario Internazionale nel 2009, cercava di capire gli effetti sulla crescita di quattro tipologie di politica fiscale espansiva, a cui si contrapponevano due atteggiamenti differenti della politica monetaria; il tutto in un arco temporale di 2 anni.

Lo studio considerava questi possibili interventi fiscali:

  • Un aumento generalizzato di trasferimenti verso tutti i cittadini (maggiori sussidi o minori tassse)
  • Una diminuzione della tassazione sul lavoro
  • Un aumento della spesa pubblica per investimenti
  • Un aumento dei sussidi per i poveri

Le possibili risposte della politica monetaria potevano essere due:

  • Una politica monetaria restrittiva. All’aumentare dell’inflazione seguiva un aumento dei tassi di interesse
  • Una politica monetaria accomodante. I tassi venivano mantenuti fermi per i due anni.

I risultati di questo studio descrivono molto bene le possibili iterazioni tra differenti politiche fiscali espansive e l’atteggiamento della politica monetaria.  In presenza di una politica monetaria restrittiva, la spesa per investimenti ha un effetto sei volte superiore rispetto ai trasferimenti sociali, perchè questi ultimi sono avvertiti come temporanei, non incidendo sui consumi. Un sussidio mirato per i poveri ha un effetto doppio rispetto ad un sussidio generalizzato. Anche la riduzione della tassazione del lavoro funziona meglio di una generalizzata ridistribuzione di ricchezza.

Lo scenario cambia in presenza di una politica monetaria accomodante. L’effetto dello stimolo fiscale aumenta considerevolmente in presenza di tassi di interesse mantenuti costanti e solo una politica di taglio della tassazione sul lavoro risulta non avere effetti molto positivi sulla crescita.

Un altro interessante esempio, di come le modalità di iterazione tra politica monetaria e fiscale siano influenzate anche dalla disciplina fiscale di un paese e dal controllo del suo debito pubblico, è quanto successo in Israele nel primo decennio del 2000, raccontato in una ricerca condotta dalla Banca centrale israeliana. In questo caso una differente risposta, fiscale e monetaria, ha portato a differenti risultati nel corso delle due fasi di recessione del 2000 e del 2008.  Lo studio israeliano mostra – in maniera molto attuale – come, nel 2008, una migliore disciplina fiscale (riduzione del debito) abbia permesso l’adozione di misure espansive credibili, ed il sostegno di una politica monetaria espansiva abbia accorciato la durata del periodo di recessione rispetto a quanto avvenuto nel 2000.

Un dialogo costante tra autorità fiscale e monetaria, come dimostra lo studio dell’FMI, sembra imprescindibile per raggiungere un miglior risultato in termini di crescita; questo nel rispetto dell’indipendenza delle due parti, rispetto che però non dovrebbe trasformarsi in una sorta di corsa parallela, con la politica a rispondere, spesso, solo del consenso – in barba alla disciplina fiscale – e l’autorità monetaria ad incaponirsi sulla stabilità dei prezzi.

 

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