L’India non convince. Nonostante i buoni risultati del mercato azionario qualcosa sembra essersi inceppato e molti analisti iniziano ad adottare un atteggiamento attendista sul gigante asiatico.
Chi negli ultimi 12 mesi aveva deciso di puntare sulla borsa di Bombay ha visto i propri risparmi salire, al lordo dell’effetto cambio, del 13%, quasi il doppio rispetto alla performance dello S&P500 (+7% circa). Ad inizio anno il mercato azionario indiano era tra i più citati nei report di previsione sul 2019 e la sua valutazione (data dal valore del P/E atteso ad un anno) è leggermente superiore a quella dell’indice MSCI World.
Guardando ai dati macroeconomici la situazione sembra molto più incerta. Da un lato il leading indicator, dopo un robusto periodo di crescita fino all’autunno del 2018, si è appiattito a quota 100,7 (contro il 99,1 dei paesi OCSE); dall’altro lato sono arrivati dati tutt’altro che esaltanti sul fronte della produzione industriale. A febbraio la crescita si è fermato ad un modestissimo +0,1% su base annua, la rilevazione più bassa degli ultimi 20 mesi.
A far rallentare la corsa – ben impostata nel lungo periodo – del colosso asiatico sono state le debolezze nelle esportazioni e le incertezze politiche legate ai risultati (ancora in elaborazione) delle ultime elezioni. L’incertezza, sottolineano gli analisti, mette in pausa gli investimenti privati e frena i consumi. A questo si devono aggiungere le preoccupazioni su alcuni settori chiave come quello bancario, delle telecomunicazioni, l’immobiliare e l’energetico.
Una situazione di stallo che nel medio periodo può essere sbloccata da un recupero della stabilità politica , dal proseguimento dell’azione di stabilizzazione del sistema bancario e dalla ripresa delle esportazioni. Nel breve, invece, l’India non convince e le buone performance di borsa potrebbero non essere un indicatore affidabile.