Bocciato l’accordo sulla Brexit. La (non) reazione dei mercati

Batosta. Questo il termine più utilizzato per definire quanto avvenuto ieri sera a Westminster. Il parlamento inglese ha sonoramente bocciato l’accordo sulla Brexit, faticosamente tessuto dal governo May con l’UE. Ora l’incertezza regna sovrana ma i mercati sembrano snobbare la faccenda.

200 e passa voti di scarto. Con questo distacco il parlamento inglese ha bocciato l’accordo sulla Brexit. Non sono bastate al premier Theresa May le 6 settimane in più concesse a dicembre per risolvere il nodo sul confine irlandese. La votazione di ieri sera rimette tutto in discussione, a partire dallo stesso governo. No deal, rinvio dell’uscita, nuove elezioni, nuovo referendum? Quale sarà la via di fuga che gli inglesi imboccheranno per uscire dal vicolo cieco nel quale sono andati a cacciarsi due anni e mezzo or sono?

Qualche indicazione potrebbe venirci dalla (non) reazione dei mercati finanziari alle vicende londinesi. Premettendo che, nelle sale operative, il voto contrario era già abbastanza scontato, rimane comunque interessante notare come le borse europee abbiano aperto positive il day after con Londra che cede solo qualche decimale. Anche la sterlina, dopo un picco di volatilità in corrispondenza delle operazioni di voto, si è riassestata sulla media delle ultime sedute.

Cosa significa tutto ciò? Innanzitutto che sono in pochi, pochissimi, a credere nel no deal, ossia ad una uscita non ordinata del Regno Unito dalla UE.  Gli analisti sono abbastanza convinti che si andrà ai supplementari, con l’UE pronta a concedere ancora tempo agli inglesi per trovare un accordo interno. Aggrappandosi ad una recentissima sentenza della Corte di Giustizia Europea, secondo la quale chi attiva il famigerato art. 50 ha diritto di ripensamento fino all’ultimo, qualche investitore sta forse accarezzando l’idea che alla fine i sudditi di sua maestà ci ripensino.

Vie d’uscita onorevoli per chiudere questa faccenda sembrano essercene, tuttavia rimane un problema fondamentale e tutto interno alla Gran Bretagna. Il caos politico generato dal voto di ieri, la difesa della posizione da parte del premier May (vedremo se reggerà al voto di fiducia) e la – tutto sommato -debole posizione dei labouristi, rappresentano il più grande ostacolo all’accordo con l’UE.

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