L’estate scorre tormentata dalle solite domande, le stesse che accompagnano i mercati finanziari da qualche mese. Dazi, inflazione, elezioni USA ed Europa sono gli argomenti potenzialmente in grado di “incendiare” l’autunno dei mercati.
Sul capitolo dazi c’è da segnalare l’ormai netta traiettoria della strategia della Casa Bianca. Accantonate – per ora – le iniziative belligeranti nei confronti dei partner europei, Trump punta dritto sulla Cina. Uno scontro muscolare che, confidano dalle parti dell’ufficio ovale, dovrebbe portare i cinesi al tavolo delle trattative con il capo cosparso di cenere.
A Pechino non la pensano esattamente allo stesso modo, approntate le prime contromosse (dazi su prodotti made in USA ma anche un sensibile calo dello Yuan), si preparano all’eventuale nuova ondata di tasse. Una guerra di nervi, una prova di forza che preoccupa i mercati, niente affatto convinti che i protagonisti in campo abbiano del tutto chiare le possibili conseguenze nel caso in cui il “gioco” vada fuori controllo.
Il tema dei dazi pare aver instillato prudenza anche nelle mosse della FED. Le parole pronunciate, poche settimane fa, dal governatore Powell hanno fatto intendere che la banca centrale rimane pronta ad eventuali cambi di scenario, richiamandosi ad una flessibilità di azione.
Dopo due rialzi, da gennaio 2018 ad oggi, gli appuntamenti buoni per dare un’ulteriore stretta rimangono – verosimilmente – settembre e dicembre; se dovesse slittare la stretta ad inizio autunno, allora i mercati potrebbero iniziare a tentennare anche sulla residua forza della fase di super cycle dell’economia statunitense.
Nell’eurozona la situazione è molto più complessa. All’orizzonte si staglia un periodo di crescita più debole rispetto all’anno scorso e tornano a suonare campanelli di allarme sulla situazione dei paesi periferici. Anzi, a preoccupare è soprattutto un paese, l’Italia.
Dello stivale non si riesce ancora a capire quale sarà la linea economica dell’attuale governo ed i dati continuano a parlare di un paese poco produttivo e dalla crescita troppo bassa. Gli investitori, già nelle scorse settimane, hanno dimostrato un certo aumento dell’avversione ai nostri titoli di stato. Settimana scorsa i BTP, assieme ai titoli greci, sono stati i più penalizzati dalle vendite diffuse.
La fine del QE a dicembre 2018 potrebbe inasprire le differenze tra i nostri titoli di stato e quelli dei paesi limitrofi, lo spread è naturalmente destinato a salire anche se l’intensità sarà proporzionale alla credibilità che la manovra finanziaria 2018/19 saprà trasmettere agli operatori finanziari.
Più in là, ad autunno inoltrato, gli Stati Uniti saranno alle prese con le elezioni di Mid Term. Un duro banco di prova per l’amministrazione Trump, che potrebbe sovrapporsi alle prime avvisaglie di rallentamento (trimestrali e Pil) post dazi.
Un autunno che si preannuncia molto caldo e che ci porterà forse in una nuova fase dell’economia mondiale. Vedremo.
Questo è l’ultimo post prima della pausa estiva. A settembre avremo modo di presentare il nuovo Magazine e molte altre novità. A presto!