I mercati finanziari vivono settimane di nervosa attesa. Le imminenti elezioni USA e le crescenti incognite sulle prospettive dell’economia mondiale mettono a dura prova il self control degli investitori.
All’approssimarsi della scadenza elettorale i riflettori cominciano ad essere puntati sull’ingresso della Casa Bianca. Chi varcherà quella soglia? Se qualche giorno fa i sondaggi sembravano dare per scontata una vittoria della democratica Clinton, nelle ultime ore, complici le nuove indagini dell’FBI sulle email dell’ex first lady, la situazione è diventata molto più fluida ed il repubblicano Trump riconquista posizioni.
Fermo restando il fatto che la realpolitik spesso e volentieri trasforma potenziali fenomeni da baraccone in discrete figure istituzionali, è opinione diffusa che la vittoria di Trump segnerebbe l’inizio di un forte periodo di instabilità. Le politiche di chiusura (sia sugli immigrati, sia commerciali) del candidato GOP spaventano i mercati; se messe in pratica potrebbero portare ad una inversione di tendenza per l’economia a stelle e strisce. Molte delle “ricette” Trump, e questo spaventa davvero i mercati, possono essere messe in atto direttamente dal presidente, rientrando nei suoi poteri, senza passare per il congresso.
Ma una politica “isolazionista” degli USA non può non avere seri effetti anche sul resto del mondo e le preoccupazioni maggiori sono per la nostra debole, debolissima Europa. Ed è proprio l’Europa l’altro grande cruccio dei mercati in questo momento. Crescita bassa, dinamica dei prezzi piatta, appuntamenti elettorali importanti con forti spinte “trumpiane”, rogna Brexit, immigrazione, banche fragili.
In questa rapida carrellata abbiamo visto passare davanti una serie di “mostri” degni della notte di Halloween che sta per iniziare. Un ecosistema talmente fragile, quello europeo, che l’influenza di notizie negative dall’altra sponda dell’oceano potrebbe portare al definitivo collasso.
Va da se che la Clinton non è la salvatrice del mondo, moltissimi sono i suoi punti deboli ma appartiene a quella corrente “market friendly” che piace ai mercati. Non garantirebbe, da sola, un roseo futuro per gli USA ma consentirebbe di evitare una turbolenza potenzialmente letale per le piccole speranze di ripresa europee.