Secondo gli ultimi dati diffusi dal Bureau of Economic Analysis, ad aprile scorso il deficit commerciale degli Stati Uniti si è fermato a 61,6 miliardi di dollari. Si tratta del valore più basso dal settembre del 2023, diretta conseguenza dell’ondata di importazioni che ha caratterizzato marzo.
Quella della riduzione del deficit commerciale, ossia la differenza negativa tra beni e servizi esportati ed importati nel paese, è uno dei capisaldi del programma elettorale dell’amministrazione Trump. L’idea alla base è che una riduzione del deficit commerciale USA – o addirittura di un azzeramento – porterebbe investimenti e ravviverebbe l’occupazione nel settore manifatturiero.
Non sembra pensarla così Robert Z. Lawrence, professore alla John F. Kennedy School of Government dell’università di Harvard. Il motivo lo spiega nell’analisi pubblicata recentemente per il PIIE.
Secondo Lawrence, persino eliminando completamente l’attuale deficit commerciale legato alla manifattura — pari a circa 1,2 trilioni di dollari — l’impatto netto sull’occupazione sarebbe modesto. Il rapporto rileva infatti che la quota di lavoratori impiegati nella produzione manifatturiera aumenterebbe di soli 1,7 punti percentuali, passando da circa l’11 % a poco più del 12,7 % del totale degli occupati . In termini numerici, tra gli occupati nel comparto manifatturiero, la crescita sarebbe inferiore all’1 % della forza lavoro complessiva .
Nel suo articolo, l’autore sottolinea che operazioni come la sostituzione sistematica delle importazioni con produzioni interne — meccanismo chiave dietro le restrizioni commerciali — avrebbero costi elevati e benefici occupazionali marginali. Inoltre, la ricerca indica che l’incremento avrebbe effetti trascurabili sui lavoratori in officina: il numero dei cosiddetti “manufacturing production workers” segnerebbe un modesto incremento, non sufficiente a compensare il contributo complessivo al mercato del lavoro.
Lawrence afferma che il deficit commerciale non è il principale ostacolo alla crescita dell’occupazione manifatturiera USA. Circa due terzi dei posti di lavoro andati persi nel settore si devono a fattori strutturali come automazione e cambiamenti tecnologici — elementi che politiche commerciali restrittive non sono in grado di contrastare efficacemente. Allo stesso tempo, strategie basate sul protezionismo potrebbero avere costi economici elevati (aumento dei prezzi, ritorsioni commerciali, inefficienze).
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