I risultati dell’ultimo report sulla parità di genere confezionato dalla World Bank sono piuttosto sconfortanti. In “Partecipation Matters” emerge un filo rosso che lega la ridotta partecipazione femminile in politica alle disuguaglianze di genere nel mondo del lavoro e sul fronte dei diritti civili.
Il report – anticipato dall’agenzia di stampa Bloomberg e che verrà presentato a Davos la prossima settimana – ha analizzato la situazione femminile in 165 paesi, dal 1970 ad oggi, su temi quali i salari, la cura dei figli, l’accesso ai prestiti bancari e ad altri servizi finanziari. I primi due risultati di questo studio sono la rappresentazione plastica dell’enorme montagna ancora da scalare sul tema della parità di genere: nel mondo i diritti legalmente tutelati per le donne sono inferiori di oltre il 30% rispetto a quelli garantiti agli uomini. Non solo, in nessun paese al mondo – nessuno – si raggiunge una parità di diritti tra uomo e donna.
Ci si potrebbe anche fermare qui, ma c’è un altro aspetto da considerare. I dati appena riportati sono la dimostrazione di come la politica, sempre più sollecita, almeno nei programmi, a sottolineare l’importanza dei temi collegati all’uguaglianza tra i sessi, abbia ancora tanto lavoro da fare, prima di tutto su se stessa. Lo studio della World Bank, realizzato in collaborazione con l’università del Nebraska, mostra come i numeri raccontino una verità molto scomoda: c’è una relazione statisticamente rilevante tra la scarsa partecipazione delle donne in politica e la bassa tutela dei diritti civili ed economici delle donne.
Nel 2023, continua il report, la percentuale di donne parlamentari nel mondo si è fermata al 26%. Le donne nei posti di comando della politica rappresentano il 23% del totale. E nel 2024, un anno elettorale con oltre la metà della popolazione mondiale recatasi alle urne, le cose non sono migliorate in maniera sensibile. Ricorda Silvana Koch-Mehrin a Bloomberg che nelle ultime elezioni europee la presenza di parlamentari donne è calata per la prima volta dal 1979. Vale a dire da quando esistono le elezioni europee.
Passi indietro che non fanno bene alle donne in primis, ma anche all’economia mondiale. La World Bank calcola che raggiungere un grado di partecipazione paritario tra uomo e donna nel mercato del lavoro darebbe benefici economici significativi. In termini numerici la parità si tradurrebbe in un raddoppio dei tassi di crescita e in un aumento del PIL globale di almeno il 20%.
Foto di Selver Učanbarlić