American Opportunity Survey: il sogno americano si è rattrappito

L’ultima edizione dell’American Opportunity Survey di McKinsey dipinge un quadro a tinte fosche per la società statunitense. Il sogno americano, con le sue immense opportunità, si è rattrappito.

L’economia statunitense vive un periodo caratterizzato da numeri decisamente elevati, nel bene e nel male. Specie se si guarda al mercato del lavoro la lettura dei dati lascia stupefatti: disoccupazione sui valori più bassi da 50 anni, offerte di lavoro che doppiano il numero di disoccupati, l’emorragia di posti di lavoro causata dalla pandemia riassorbita quasi del tutto nel giro di un paio d’anni.

Insomma, se ci si ferma a questi dati sembra che la terra delle opportunità, il mitico sogno americano, sia nonostante tutto ancora lì a splendere e motivare i propri cittadini. Sembra, ma le cose non stanno proprio così, ed anzi quello che si sta diffondendo velocemente tra i cittadini USA è una sensazione di pessimismo e di disillusione: quel sogno americano è sempre più difficile da realizzare.

In estrema sintesi è questa la conclusione a cui arriva l’edizione 2022 dell’American Opportunity Survey confezionato da McKinsey. Negli scorsi mesi la società di consulenza newyorkese ha sondato, in collaborazione con Ipsos, il sentiment di un campione di 25mila americani rappresentativo di differenti situazioni economiche, età e livelli di educazione. I risultati sono significativi.

Complessivamente i cittadini statunitensi sono più pessimisti rispetto ad un anno fa, ma l’accelerazione è avvenuta proprio negli ultimi mesi. Il livello di ottimismo sulle opportunità economiche, misurato dal McKinsey Economic Opportunity Index, è sceso di 5 punti percentuali nel periodo marzo-aprile 2022 rispetto ad inizio autunno 2021; e di 3 punti percentuali rispetto al periodo marzo aprile dell’anno scorso. Il pessimismo si proietta anche nel futuro con una fetta di intervistati che vede meno opportunità nei prossimi 12 mesi ed anche nel più lungo orizzonte temporale dei 5 anni. L’inflazione è tra le cause principali di questa ondata di pessimismo, con gli intervistati che orientano i propri acquisti su beni di prima necessità, sacrificando gli altri interessi. Il carovita ha enfatizzato il problema, presente da anni, di una sempre maggiore difficoltà, specie tra le generazioni più giovani, ad affrontare spese economiche importanti come quelle legate allo studio o ai viaggi.

Venendo al mercato del lavoro, il sondaggio fa emergere in tutta la sua criticità il disallineamento tra aziende e persone in cerca di lavoro. Se i numeri ufficiali parlano di un numero di offerte di lavoro doppio rispetto al numero di disoccupati, i dati del sondaggio offrono una visione molto differente. Chi tra gli intervistati è in cerca di lavoro ritiene che non ci siano abbastanza offerte. Le problematiche citate sono sostanzialmente tre: le competenze ricercate, la collocazione geografica delle offerte di lavoro ed una mancanza di flessibilità da parte dei potenziali datori sulle modalità di lavoro. Il 66% dei disoccupati intervistati si dichiara disponibile a lavorare da remoto, ma solo il 33% è disposto a trasferirsi per lavoro.

Molto alta la percentuale di chi cita lo stato di salute tra le cause che impediscono di trovare un’occupazione. Se i problemi fisici sono citati principalmente dai disoccupati over 50, colpisce quel 48% di intervistati nella fascia di età tra i 18 ed i 34 anni che lamentano tra le cause di disoccupazione problemi di salute mentale (e qui la pandemia ha una larga fetta di responsabilità).

Foto di civicouno

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