Supply chains e climate change. Oltre mille miliardi di dollari di ricavi a rischio

La sfida al climate change passa anche attraverso le supply chains globalizzate che sono il tessuto portante del sistema economico attuale. Ed è un problema non solo ambientale: in 5 anni i ricavi dei fornitori rischiano di ridursi di oltre mille miliardi di dollari.

Quanto accaduto in questi mesi di pandemia ha ricordati a tutti il delicato equilibrio sul quale si muove l’enorme rete delle supply chains globali, che rappresentano l’architrave del sistema economico attuale. Anche i cambiamenti climatici possono avere pesanti ripercussioni sulle catene di rifornimento, ce lo ricorda l’ultimo rapporto dell’organizzazione non profit CDP.

Nel suo Global Supply Chain Report 2020, CDP stima che le aziende dovranno sobbarcarsi costi legati alla sostenibilità ambientale, derivanti dalle loro catene di approvvigionamento, pari a 120 miliardi di dollari per i prossimi 5 anni. Per i fornitori la questione ambientale significherà una perdita di ricavi stimata, sempre nell’arco del prossimo quinquennio, in 1.26 trilioni di dollari. Mancati introiti dovuti proprio ai cambiamenti climatici, alla deforestazione ed alla difficoltà di approvvigionamento idrico, con i soli cambiamenti climatici pesano per il 93% di tutti costi derivanti dalla componente ambientale.

Le supply chains sono un fattore chiave nella lotta contro il climate change, basti solo pensare che il 50% delle emissioni globali di gas serra è a carico di 8 catene di approvvigionamento, tra cui quella del cibo, della moda, dell’automotive e dell’elettronica. Un abbattimento delle emissioni è possibile, ricorda uno studio WEF, senza impattare sui prezzi finali dei prodotti o comunque con impatti limitatissimi. Secondo i calcoli del Net-Zero Challenge: The supply chain opportunity il raggiungimento dell’obiettivo di zero emissioni nelle supply chains porterebbe, nel medio termine, aumenti sul prezzo finale tra l’1% ed il 4%. Il riuso (economia circolare), l’efficientamento delle procedure e l’utilizzo di energia rinnovabile – tutte tecnologie e metodologie già disponibili – potrebbero in tempi molto rapidi ridurre del 40% le emissioni di gas serra prodotte dalle catene di approvvigionamento.

Le spinte al cambiamento non mancano. Costi crescenti da un lato e abitudini di consumo sempre più attente alla sostenibilità ambientale dall’altro, stanno portando molte aziende a fare pressione sui propri fornitori per un miglioramento del loro profilo ambientale. Ricorda Rose Celestin in un recente articolo su Forbes che, ad esempio, Wallmart – la grande catena di distribuzione americana – sta chiedendo uno sforzo importante ai propri fornitori per ridurre di miliardi di metri cubi le emissioni inquinanti entro il 2030, e si parla di società del calibro di General Mills, Campbell Soup e Unilever.

Foto di Jan Paulussen

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