Nel lungo periodo tassi di interesse bassi possono portare, paradossalmente, ad una minore erogazione di credito da parte delle banche.
La crisi scatenata dalla pandemia ed il lungo percorso di ripresa che ci attende ha una prima ed evidente conclusione: i tassi di interesse rimarranno bassi per un lungo periodo. E, stando ai più recenti orientamenti di FED e BoE, nemmeno un rialzo dell’inflazione porterà velocemente ad un cambio di politica monetaria, essendo le banche centrali disposte ad attendere che il livello dei prezzi raggiunga e superi il target prima di intervenire.
In questo quadro appare ancor più interessante uno studio condotto ad inizio anno da Michael Brei, Claudio Borio, Leonardo Gambacorta e pubblicato dal CEPR. La ricerca prova a capire cosa succede al sistema bancario di fronte ad uno scenario che preveda un prolungato periodo di tassi bassi. In altre parole, come rispondono le banche alla prospettiva della riduzione dei margini di profitto derivante da una politica monetaria ultra espansiva?
Nell’analisi condotta dai tre economisti – basata sui conti di 113 grandi banche internazionali dal 1994 al 2015 – risultano chiari alcuni punti. Innanzitutto l’analisi delle correlazioni indica che in uno scenario di tassi in diminuzione muta la composizione delle entrate bancarie, con i profitti da commissioni e trading che aumentano, mentre diminuiscono quelli derivanti dall’attività di prestito; un chiaro segnale di cambiamento delle attività bancarie, che indica la ricerca, da parte delle banche, di sacche di profitto. Nello stesso tempo cambia anche la composizione del patrimonio bancario e si evidenzia la tendenza ad aumentare l’esposizione su azioni e obbligazioni, a preferire asset liquidi ed a scegliere esposizioni di medio/lungo periodo a tasso fisso piuttosto che titoli a breve a tasso variabile. L’ulteriore analisi econometrica condotta dai ricercatori conferma queste tendenze.
Un periodo prolungato di tassi di interessi bassi riduce la profittabilità delle banche e le porta ad adottare un profilo di rischio più basso, modificando i rapporti tra le varie attività, privilegiando quelle a maggior ritorno (commissioni e trading) e penalizzando l’attività classica di credito. La maggior fragilità economica, concludono i ricercatori, riduce la capacità delle banche di supportare l’economia nel lungo periodo.
Foto di Marek Studzinski