I non-bank loans continuano a crescere e con loro le preoccupazioni

I non-bank loans rappresentano quasi la metà dei prestiti attivi sul mercato USA. Quicken Loans, PennyMac, LoanDepot. Sono nomi che ai più non dicono granchè ma in ambienti finanziari vengono tenuti sotto osservazione.

Si tratta di società specializzate nel concedere prestiti anche a clienti dal profilo finanziario non troppo brillante. Non sono banche a tutti gli effetti, attivano finanziamenti sfruttando linee di credito e rivendono le posizioni (ricorda qualcosa?) agli investitori in cerca di rendimenti interessanti.

Il mercato di queste forme di prestito è cresciuto rapidamente, tanto da rappresentare oggi oltre il 40% del totale dei prestiti erogati negli USA (fonte Bank of America), da poco più del 5% del 2009. Già nel novembre del 2018 il governatore della FED, Jerom Powell, aveva stigmatizzato l’imprudenza di questi istituti finanziari, definendoli un potenziale problema per il mercato creditizio e per il sistema finanziario. Allo stesso tempo Powell ricordava che l’assetto regolamentare implementato dopo la crisi dei subprime era in grado di arginare il fenomeno. Qualcuno pensa che non sia proprio così.

Il successo di questa tipologia di prestatori deriva fondamentalmente da tre fattori. Il primo è la crescente diffidenza da parte delle banche tradizionali a concedere credito. Le regolamentazioni introdotte dal Dodd-Frank Act, all’indomani della crisi dei subprime, rende costoso e complicato procedere all’erogazione di mutui e prestiti. Un disincentivo per le banche tradizionali ma non – e questo è il secondo fattore di successo – per le non bank, la cui regolamentazione è nettamente meno stringente. Infine, terzo fattore, molte agenzie federali concedono garanzie supplementari ai richiedenti prestiti, questo incide sul tasso di interesse pagato, abbassandolo.

La caratteristica peculiare dei non-bank loans è che le società eroganti rivendono le posizioni aperte sul mercato, mantenendo spesso solo la responsabilità sulla riscossione delle rate (incluse le commissioni a loro spettanti). Il credito erogato non dipende, quindi, dai fondi raccolti ma viene reperito tramite linee di credito, garantite dai flussi di pagamento dei prestiti attivati.

Un sistema che regge bene in un clima economico frizzante, con richiedenti prestito in aumento e pagamenti di rate regolari. Ma se qualcosa inizia ad incepparsi il castello rischia di cadere. Le linee di credito potrebbero essere ridotte o revocate lasciando le non-banks a corto di liquidità.

La proliferazione di società in grado di garantire prestiti in poco tempo e senza troppe complicazioni, non è sfuggita ai consigli di amministrazione delle principali società finanziarie. Nel rapporto redatto da Gartner, di cui abbiamo già parlato qui, si fa un netto riferimento alle preoccupazioni espresse dal settore finanziario per la crescita del fenomeno. Se l’ultima tendenza del mercato mobiliare dovesse confermarsi e l’economia continuare a raffreddarsi, nei prossimi mesi il problema dei non-bank loans potrebbe farsi concreto. Non tanto da essere una causa scatente di una futura recessione ma una fastidiosissima conseguenza.

Da molte parti si inizia a chiedere a gran voce un intervento da parte delle autorità di vigilanza, soprattutto per “costringere” le non banks a dotarsi di riserve adeguate ad affrontare uno scenario avverso (tassi di interesse in salita ed aumento delle difficoltà a ripagare i prestiti).

Image by Niek Verlaan from Pixabay

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