Più che una domanda improvvisa potrebbe sembrare una domanda impossibile ma – in linea teorica – la risposta è piuttosto semplice. La riduzione del rapporto debito pubblico/PIL è scritta tutta in una formula matematica.
Ma facciamo un passo indietro. Cosa si intende per debito pubblico? Il debito pubblico è sostanzialmente il debito che uno stato ha nei confronti di altri soggetti economici (banche, cittadini o stati esteri che hanno acquistato obbligazioni di quello stato) e che serve per coprire il deficit generato dal bilancio statale (uscite maggiori delle entrate). Si può definire il debito pubblico come la sommatoria dei disavanzi di bilancio accumulati negli anni. In alcuni casi, come ad esempio quello italiano, il debito serve anche per pagare gli interessi sul debito precedentemente contratto.
Per valutare adeguatamente il debito pubblico di uno stato occorre rapportarlo alla ricchezza che questo produce. Il famoso rapporto debito/pil fotografa la dinamica tra queste due misure. In Italia, ad esempio, siamo abitati ad un rapporto debito/pil superiore al 100%. I trattati europei stabiliscono una soglia di convergenza che si assesta al 60%.
Il rapporto debito pubblico/PIL varia nel tempo in funzione di alcune variabili: il rapporto tra entrate ed uscite del bilancio statale, il tasso di interesse medio sul debito, il tasso di crescita reale dell’economia del paese. Queste relazioni sono esplicitate in una formula:
Δd = -α + (r – g)/(1+g) x d
Il surplus o avanzo primario (α) è la differenza (positiva) tra entrate derivanti dalla tassazione e le uscite derivanti dalla spesa pubblica escluse le spese per il pagamento di interessi. L’opposto del surplus è il disavanzo primario ossia la differenza, in questo caso negativa, tra entrate ed uscite. r è il tasso di interesse medio sul debito, g è il tasso di crescita, d è il rapporto debito/pil.
Dalla formula è molto facile capire in quali modi (e non ce ne sono altri) si può ridurre il rapporto debito pubblico/Pil:
a) Si genera una serie di surplus primari. (si aumentano le tasse o si diminuiscono le spese)
b) Si cresce ad un tasso superiore a quello medio di interesse del debito. (si aumenta la ricchezza prodotta, ad esempio attraverso incentivi alla produttività ed alla competitività).
c) Si diminuisce il tasso di interesse medio sul debito (migliorando il merito di credito o mettendo in atto politiche fiscali che aumentino la fiducia degli investitori nella capacità di rimborso dell’emittente. Tutto ciò riduce i tassi di interesse).
d) Si riduce lo stock di debito (ripagandolo attraverso una tassazione patrimoniale o ristrutturandolo, decidendo di non rimborsarne una parte)
La capacità (e la possibilità) di agire sui quattro punti appena visti determina anche la sostenibilità del debito pubblico. Più diventa difficile agire su una o più delle quattro variabili e più diventa complicato sostenere lo stock di debito.