Nella conferenza stampa successiva alla decisione della Banca Centrale Europea di lasciare i tassi d’interesse invariati, Christine Lagarde ha mostrato il consueto equilibrio, ma anche una crescente preoccupazione per l’incertezza economica globale. La presidente ha ribadito che “la BCE è in una buona posizione” e che le proiezioni continuano a indicare un’inflazione in linea con l’obiettivo del 2% nel medio termine. Tuttavia, il messaggio complessivo è stato tutt’altro che rilassato.
Secondo Lagarde, la crescita dell’Eurozona è stata sostenuta da un aumento dei consumi e degli investimenti, con segnali positivi che emergono anche dagli ultimi sondaggi. Non si tratta solo dell’effetto “Irlanda” né di un semplice fenomeno di anticipazione degli acquisti (front loading) dovuto alle preoccupazioni sui dazi, ma di un’espansione più diffusa. Tuttavia, il quadro generale resta fragile. Le imprese si mostrano caute nell’investire, a causa della forza dell’euro e dei timori legati a nuovi dazi commerciali.
Lagarde ha rinnovato l’appello ai governi nazionali affinché attuino riforme strutturali. Se in passato questo era un invito generico, ora il tono è cambiato: “sono più urgenti che mai”, ha dichiarato, indicando una crescente impazienza da parte della BCE nei confronti dell’inerzia fiscale di alcuni Paesi membri.
Il tema dominante resta l’incertezza, in particolare sul fronte del commercio internazionale. Lagarde ha elencato i rischi già noti: dalle tensioni geopolitiche alla possibilità che le guerre commerciali si intensifichino. Non si è sbilanciata sulle trattative tra UE e Stati Uniti, parlando di “congetture” e sottolineando che le notizie vanno valutate “giorno per giorno”. Un accordo, però, contribuirebbe a ridurre significativamente l’incertezza.
Interessante la sua riflessione sull’impatto dei dazi sull’inflazione: effetti sia inflazionistici sia disinflazionistici potrebbero manifestarsi, a seconda delle dinamiche globali. “Non si tratta di una semplice ritorsione unidirezionale,” ha spiegato, evidenziando la complessità di una situazione in cui le catene del valore vengono ridisegnate e i colli di bottiglia sono sempre più frequenti.
Pur riconoscendo che la maggior parte delle aspettative di lungo periodo restano ancorate attorno al 2%, Lagarde ha ammesso che l’outlook sull’inflazione è diventato “più incerto”, ma rifuta l’idea che si possa presentare l’ipotesi di “overshooting” (andare di molto sotto il 2%). Il rafforzamento dell’euro potrebbe raffreddare i prezzi più del previsto, qualche base effect potrebbe portare l’inflazione sotto il 2% nel 2026, ma al momento gli indicatori restano coerenti con l’obiettivo che è e rimane quello di medio termine.
Infine, Lagarde ha preso le distanze dalle speculazioni su futuri rialzi o tagli dei tassi, sottolineando che tutte le decisioni saranno guidate dai dati. L’unanimità della decisione odierna è un segnale importante: la BCE, almeno per ora, resta compatta e cauta. Anche i mercati si sono adeguati, riducendo le probabilità di un taglio a settembre (dal 40% al 28%), e abbassando le attese anche per dicembre.
Nel frattempo, la BCE guarda al futuro: tra i dossier in corso, il progetto dell’euro digitale, che secondo Lagarde potrebbe diventare operativo “a breve”.
In un contesto segnato da incertezze globali, la BCE continua a muoversi con prudenza. Ma il messaggio è chiaro: ora tocca ai governi fare la loro parte.
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