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I dazi di Trump spiegati dalla teoria dei giochi (ma fino a un certo punto)

Dilemma del prigioniero o gioco del pollo? La teoria dei giochi prova a trovare una soluzione alla guerra dei dazi innescata da Trump. L’indicazione è utile ma attenzione a semplificare.

Mentre il mondo punta i fari sul Rose Garden della Casa Bianca, nella giornata dei dazi di Trump, o della liberazione nazionale, come la si voglia chiamare, proviamo a stemperare un po’ la tensione raccontando di come in economia esista una teoria, quella dei giochi, che prova a suggerire il potenziale finale di questa vicenda. O meglio, tenta di spiegarlo con gli strumenti della razionalità, merce non sempre disponibile in questo mondo tormentato.

La teoria dei giochi, nata dagli studi di John von Neumann e Oskar Morgenstern, ampliata successivamente dal genio di John Nash, la possiamo descrivere come un modello che cerca di analizzare il modo in cui un individuo (il giocatore) cerca di massimizzare il proprio benessere tenendo conto delle azioni e delle reazioni dei suoi antagonisti.

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Un classico: il dilemma del prigioniero

In molti casi l’interazione tra paesi che impongono dazi può essere assimilata al classico dilemma del prigioniero. Più o meno, potremmo descrivere la situazione in questi termini. Immaginiamo due economie, facciamo USA e Europa, tanto per non fare nomi, alle prese con la scelta sull’imporre o meno dazi alla controparte. Se entrambe evitano di imporre dazi, ottengono benefici reciproci grazie al libero scambio. Se uno impone dazi mentre l’altro non lo fa, il paese tariffante potrebbe guadagnare una posizione competitiva a scapito dell’altro. Se entrambe impongono dazi, entrambi subiscono delle perdite, pur trovandosi in una situazione di equilibrio non ottimale.

La situazione si complica ulteriormente se consideriamo il gioco ripetuto, dove le interazioni commerciali si susseguono nel tempo. Un paese potrebbe decidere di cooperare oggi (non imponendo dazi) nella speranza di ottenere reciprocità in futuro. Tuttavia, se una parte decide unilateralmente di imporre tariffe, si innesca una spirale di ritorsioni che può portare a una guerra commerciale.

L’equilibrio, come suggerisce Nash, in questo scenario è raggiunto quando nessuna nazione ha un incentivo a cambiare unilateralmente la propria strategia, anche se il risultato non è ottimale per entrambe. Questo evidenzia come la scelta razionale a livello individuale possa portare a una situazione collettiva meno vantaggiosa.

Un pollo (gioco del) al posto del prigioniero

ll gioco del pollo è un modello strategico in cui due giocatori si trovano a dover scegliere tra una mossa aggressiva (non deviare) e una mossa accomodante (deviare), spesso rappresentato metaforicamente da due automobilisti che si dirigono l’uno verso l’altro su una strada. Anche in questo caso le scelte sono tre:

  • Entrambe le parti non deviano: se entrambi i giocatori mantengono la rotta, si verifica una collisione catastrofica, rappresentando l’esito peggiore per entrambi.
  • Un giocatore devia, l’altro no: il giocatore che non devia viene visto come il “vincitore”, guadagnando prestigio o un vantaggio strategico, mentre chi devia subisce una perdita in termini di immagine o credibilità.
  • Entrambi deviano: se entrambi decidono di deviare, la situazione si risolve senza collisione, ma nessuno ottiene un vantaggio significativo; tuttavia, l’esito è preferibile rispetto a una collisione.

Applicando questo gioco ad una guerra dei dazi tra due economie si può riassumere la situazione in questi termini. Se entrambe mantengono una posizione aggressiva (cioè, applicano dazi senza cedere), il risultato potrebbe essere una situazione dannosa per entrambi, simile alla collisione nel gioco del pollo. Se uno dei paesi decide di cedere o ritirare le misure tariffarie, l’altro potrebbe guadagnare un vantaggio economico o politico, migliorando la propria posizione nei confronti del partner commerciale. La terza soluzione è che entrambe cedano e magari, dopo la sbandata, decidano di sedersi attorno ad un tavolo.

Pollo o prigioniero?

I due modelli di teoria dei giochi appena descritti presentano delle significative differenze, vediamo di sintetizzarle:

  • Nel dilemma del prigioniero, il conflitto nasce dalla tensione tra cooperare e tradire, dove la cooperazione reciproca è il risultato ottimale, ma l’attrazione a tradire porta a un esito subottimale per entrambi. Nel gioco del pollo, invece, la dinamica si basa sul rischio di escalation: i giocatori si trovano a dover decidere se cedere o mantenere una posizione aggressiva, dove il risultato peggiore si ha se nessuno cede.
  • Il dilemma del prigioniero ha come equilibrio dominante la defezione, poiché è la scelta razionale se si considera l’incertezza sull’altra mossa. Al contrario, il gioco del pollo presenta più equilibri (equilibri misti o equilibria in strategie pure in cui uno cede e l’altro no), e nessuna delle strategie è dominata in modo assoluto.
  • Nel dilemma del prigioniero, l’errore nel cooperare porta a un tradimento che penalizza il cooperatore, mentre il tradimento garantisce un vantaggio se l’altro coopera. Nel gioco del pollo, l’insistenza di entrambi può portare a una situazione catastrofica (ad esempio, un incidente fatale nel caso del gioco), il che implica che la scelta di non cedere comporta un rischio elevato.

Mentre il dilemma del prigioniero enfatizza il conflitto tra l’interesse individuale e il bene comune, il gioco del pollo mette in risalto il rischio e la strategia dell’aggressività in situazioni di confronto.

I dazi funzionano se il mercato non funziona?

Brander e Spencer hanno provato a spiegare come, in certi mercati caratterizzati da concorrenza imperfetta, l’intervento governativo non solo possa essere giustificato, ma addirittura necessario per ottenere un vantaggio competitivo internazionale. Nel loro lavoro più noto hanno analizzato un mercato in cui poche imprese, spesso appartenenti a paesi diversi, competono in condizioni di concorrenza imperfetta. In questo contesto, in presenza di duopolio o oligopolio internazionale, le decisioni governative possono influenzare in modo significativo il comportamento strategico delle imprese e portare a un miglioramento del benessere nazionale rispetto a una situazione di libero scambio.

Quello che la teoria dei giochi non può sapere

La teoria dei giochi offre sicuramente degli strumenti potenti per analizzare le interazioni strategiche tra paesi, ma presenta anche alcune limitazioni nell’interpretare una guerra commerciale.

Innanzitutto i modelli di teoria dei giochi presuppongono che gli attori (in questo caso, i governi) agiscano in modo perfettamente razionale e con informazioni complete. Nella realtà, le decisioni politiche possono essere influenzate da fattori non strettamente razionali, come pressioni politiche interne, ideologie o errori di percezione.

C’è poi il problema dell’assimetria informativa. I governi potrebbero non conoscere pienamente le intenzioni, le capacità o le reazioni degli altri paesi, rendendo difficile applicare modelli che assumono conoscenze condivise.

Altro punto importante riguarda il “background politico” nel quale lo scontro commerciale si svolge. Le scelte di politica commerciale sono fortemente influenzate da interessi politici, gruppi di pressione e istituzioni interne. Questi fattori, che possono variare notevolmente da un paese all’altro, sono difficili da integrare in modelli di gioco che tendono a semplificare il contesto decisionale.

Le guerre commerciali non sono eventi statici; si sviluppano nel tempo e possono subire cambiamenti inaspettati a seguito di nuovi eventi, rivelazioni o fattori esterni. I modelli tradizionali di teoria dei giochi faticano a catturare queste dinamiche evolutive e il processo di apprendimento degli attori coinvolti.

In sintesi, mentre la teoria dei giochi fornisce un quadro utile per comprendere le dinamiche strategiche di una guerra commerciale, essa semplifica molte delle complessità reali legate al contesto politico, istituzionale e informativo in cui avvengono tali conflitti.

Per tutto il resto basterà aspettare ancora qualche ora…

Foto da Flickr

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