Elezioni 2018. Ma davvero i mercati non ci “calcolano” più?

C’era una certa curiosità nel vedere come i mercati finanziari avrebbero reagito allo tsunami delle elezioni 2018. La vittoria del Movimento 5stelle e della Lega non sembrano, per il momento, aver turbato più di tanto i sonni degli investitori.

Dopo un avvio di seduta in deciso rosso, Milano ha chiuso la giornata di ieri perdendo solo pochi decimali mentre lo spread, a parte qualche sussulto, non ha registrato movimenti degni di nota (anche se bisogna sempre ricordare che la manina della BCE ha ancora il suo bell’effetto calmante). Oggi i mercati sono in netto rialzo sospinti dalle notizie positive provenienti dalla Corea e dal blocco sempre più sostanzioso che si sta frapponendo tra Donald Trump e la politica di dazi che vorrebbe portare a termine. Dell’Italia e delle sue elezioni sembra che nessuno abbia tempo di parlare. Siamo davvero diventati così marginali?

In realtà i mercati sembrano essere piuttosto pragmatici. La situazione politica appare molto ingarbugliata, non c’è una maggioranza in grado di esprimere un governo e le parole di Salvini hanno (apparentemente?) chiuso ogni possibilità di un esecutivo giallo-verde con il Movimento 5stelle. Come avevano sottolineato alcuni analisti nelle giornate antecedenti le elezioni 2018, i timori degli investitori sono legati all’applicazione dei programmi elettorali e non tanto all’assenza di un governo. Lo stallo è paradossalmente una sorta di paravento che protegge il bilancio dello stato da indigeste manovre espansive a debito. Ed è debito, meglio sempre ricordarlo,  la parolina magica che ispira tutte le strategie di investimento sul nostro paese.

Agenda politica alla mano la fase post elettorale vivrà in un sostanziale limbo sino a fine marzo quando la convocazione delle camere e la successiva elezione dei presidenti di Camera e Senato avvieranno la fase calda. Sarà proprio da quel momento che i mercati riaccenderanno i riflettori su di noi, cercando di capire a chi verrà affidato l’incarico e di quanta libertà potrà godere l’eventuale futuro esecutivo.

 

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