No Performing Loan. Le banche italiane iniziano a vendere.

Il mercato degli NPL (i famosi crediti difficili da riscuotere) inizia a dare segni di vita anche per le banche italiane. Alla terza edizione dell’NPL Meeting – il 19 settembre prossimo – organizzato a Venezia da Banca Ifis sono attesi oltre 250 investitori internazionali, il doppio della passata edizione.

I player specializzati in questa rischiosa tipologia di investimento sembrano aver virato con decisione sulla corposa massa di crediti difficili in pancia alle banche italiane. Se da un lato la BCE preme per una riduzione degli NPL del sistema bancario italiano che ad oggi pesano quanto un 25% del Pil nazionale (360 miliardi di euro) dall’altro lato si assiste ad un abbassamento delle pretese degli investitori che comprano ora ad interessi attorno al 10% mentre, fino a qualche tempo fa, non sarebbero stati disposti ad investire negli incagli italici per meno di un 20% di rendimento. Per fare un confronto basti pensare che la media dei rendimenti dei junk bond europei è ad oggi attorno al 4%.

Un avvicinamento tra domanda ed offerta che è stato facilitato dagli interventi governativi dei mesi scorsi e che hanno reso più appetibili gli NPL riducendone il rischio complessivo (con il famoso GACS, la cartolarizzazione dei crediti inesigibili e la garanzia statale su una parte – la meno rischiosa – dei crediti cartolarizzati).

Una buona notizia? In parte si. La possibilità per le banche italiane di ripulire i bilanci da masse di crediti difficilmente riscuotibili permetterà di ridurre la pressione sul sistema, attirare nuovi finanziatori, introdurre capitali freschi e, si spera, smuovere un po’ la massa enorme di liquidità che gli istituti di credito continuano a tenere sotto il materasso.

 

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