Investire nel real estate. Quali sono i rischi?

Alla ricerca di investimenti alternativi, capaci di aumentare la diversificazione del proprio portafoglio, in molti si sono rivolti al mercato immobiliare, anche grazie all’avvento di Fondi ed ETF che ne rendono più facile l’accesso da parte dei risparmiatori. Ma quali sono i rischi nell’investire nel real estate?

Prima di tutto occorre fare una importante distinzione sulla modalità con la quale un investitore può accedere al mercato immobiliare. Si può acquistare direttamente un immobile (property real estate) oppure ricorrere ad una “intermediazione” da parte di una società o di un organismo di investimento collettivo del risparmio. Nel secondo caso siamo di fronte a quello che viene chiamato equity real estate e che si concretizza nei Fondi comuni di Investimento e negli ETF che possono essere acquistati da qualsiasi risparmiatore sui mercati finanziari.  I vantaggi dell’equity real estate sono dati dalle basse soglie di investimento iniziale, dalla liquidità dell’investimento e dalla gestione professionale del patrimonio immobiliare. I minus possono derivare da profili di commissione di gestione elevati e da un rischio maggiore dovuto all’utilizzo della leva finanziaria.

Detto di questa importante distinzione possiamo ora concentrarci sui rischi derivanti dall’investire nel real estate, ed in particolare nell’equity real estate. Se la fonte di rendimento di questa tipologia di investimento è data dalla rivalutazione degli immobili in gestione e dalla locazione degli stessi, i rischi non possono che essere, in primis, quelli tipici del mercato immobiliare. Se ne possono distinguere di due tipologie: esogeni ed endogeni.

Le forme di rischio esogene sono legate ad eventi che influiscono su tutto il mercato immobiliare, quelle endogene sono legate specificamente agli immobili in gestione.  Il mercato immobiliare risente sia del contesto economico nel quale gli immobili sono inseriti, sia di fattori macro quali la struttura dei tassi di interesse e l’andamento del PIL.

I rischi endogeni sono collegati soprattutto ai rendimenti da locazione. Si tratta sostanzialmente di un rischio di controparte, vale a dire del rischio che i locatari non siano regolari nei pagamenti. Questo rischio può essere verificato, ex post, con un particolare ratio, il collection loss che corrisponde alla percentuale di canoni non riscossi, su base annua, sul totale dei canoni previsti contrattualmente. Più alto è il collection loss e maggiore sarà il rischio di controparte legato al patrimonio immobiliare gestito.

Un altro indicatore di rischio endogeno è il cosiddetto vacancy rate. Misura la percentuale di immobili non locati presenti all’interno del patrimonio gestito e restituisce un indicatore sintetico della “difficoltà” di attivare contratti di locazione. Anche in questo caso, maggiore è il vacancy rate e minore sarà la redditività dell’investimento.

Rischi esogeni ed endogeni possono influenzarsi a vicenda. Ad esempio, una modifica sfavorevole del quadro macroeconomico può facilmente portare ad un aumento del collection loss; una persistente fase di recessione può incidere sul vacancy rate (specie per il settore commerciale ed industriale). Ancora, un aumento dei tassi di interesse può ridurre l’erogazione di mutui e costituire un freno alle compravendite immobiliari, questo incide sulla liquidabilità del patrimonio immobiliare gestito.

Tutti questi esempi ci portano a concludere che l’investimento immobiliare sembra essere particolarmente sensibile alla congiuntura economica. Le serie storiche ci dicono che la correlazione tra il real estate e l’azionario è positiva e si attesta su un valore di circa 0,5. Questo significa, tra le altre cose, che il beneficio derivante dal diversificare investendo nel real estate, tende a venir meno proprio nei momenti di crisi.

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