Che fine ha fatto il Burian sui mercati azionari?

Qualche settimana fa il grande gelo colava sulla borse azionarie mondiali quasi come il Burian che oggi imperversa sulla nostra penisola. Se dal punto di vista meteo l’arrivo di marzo preannuncia, comunque, il ritorno della primavera, che stagione possiamo aspettarci sui mercati azionari? Ne sappiamo qualcosa di più oggi?

Dicono i meteorologi che il grande freddo di questi giorni sia una conseguenza di un fenomeno chiamato strat-worming, un surriscaldamento anomalo ai piani alti dell’atmosfera che spacca in due il vortice polare e sconvolge la circolazione in quota. Sui mercati azionari potrebbe essere successo qualcosa di simile qualche settimana fa. Un forte surriscaldamento dell’economia americana ha creato i presupposti per un aumento della aspettative inflazionistiche. Queste hanno generato negli investitori il timore che la Fed metta in atto una stretta monetaria più forte del previsto. Il timore, infine, ha sconvolto la circolazione azionaria (bello come neologismo è?) causando l’ambaradan che sappiamo.

Se l’ondata di gelo meteorologica è stata in larga parte prevista, sui mercati il freddo si è abbattuto improvviso con una velocità ed una intensità inaspettate. A poco è servito il VIX, il barometro della volatilità che tutti consultavano, pesantemente condizionato dalle molte strategie di investimento imperniate su scommesse ribassiste sulla volatilità.

Se marzo segna comunque l’entrata dell’emisfero nord nella primavera meteorologica, per i mercati non siamo ancora in grado di determinare la stagione.

Dai minimi di inizio febbraio le cose sembrano leggermente più tranquille, la volatilità si è abbassata ma il problema rimane lì sul tavolo. Ed il problema è l’inflazione. Anzi, i rimedi che all’inflazione potrà adottare la FED. Più avanti, diciamo verso fine anno, lo stesso tipo di tematica potrebbe riguardare anche l’Eurozona con l’economia prevista in accellerazione, la fine del QE e l’inzio di un ritorno alla normalità monetaria.

Come detto più volte, sappiamo che alla FED prevedono una strategia con 3 rialzi nel 2018 e 3 nel 2019. Un’inflazione più alta del previsto potrebbe far saltare i piani del board costringendolo ad aggiungere un ulteriore rialzo da qui a dicembre.

Goldman Sachs si è presa la briga di calcolare, in termini di andamento di borsa, cosa significa un rialzo dei tassi troppo repentino. Ipotizzando che i buoni del tesoro USA a 10 anni – a seguito di una aspettativa di politica monetaria molto restrittiva – schizzino sopra il 4,5% di rendimento, la banca prevede una correzione del mercato azionario tra il 20% ed il 25%.

L’ipotesi è alquanto remota, attualmente i treasury a 10 anni rendono attorno al 2,85%, ancora distanti dalla soglia psicologica del 3%, considerata da molti l’inizio dei guai per i mercati azionari.

La settimana appena inziata qualcosa potrà dircela. Il neo governatore della FED, Jerome Powell, potrebbe lanciare qualche segnale circa le intenzioni della banca centrale nella prossima riunione di marzo.  L’impressione è che si sia entrati in un periodo “laterale” nel quale gli investitori con un occhio controllano i dati mensili sull’inflazione e le reazioni dei T-Bond e con l’altro le trimestrali delle aziende quotate.

Forse è il caso di iniziare a proteggersi dagli spifferi…

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