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La nuova politica monetaria della FED

La nuova politica monetaria della FED dovrà vedersela con un’inflazione più complicata da gestire, frutto di più frequenti shock dell’offerta e tassi di interesse più alti

È passato un po’ sottotraccia l’intervento del governatore della FED, J. Powell, in occasione dell’apertura della due giorni che la banca centrale statunitense ha dedicato alle prospettive di revisione della propria politica monetaria.

Di fronte a un’economia globale segnata da shock dell’offerta sempre più frequenti – guerre, pandemia, crisi energetiche, tensioni geopolitiche, dazi – la Fed si prepara a rivedere il proprio approccio strategico, modificando lo schema disegnato nel 2020.

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Nel suo discorso di mercoledì 15 maggio, Powell ha lanciato un messaggio forte e chiaro: l’epoca dei tassi bassi e dell’inflazione sotto controllo potrebbe essere definitivamente alle spalle.

Non è solo una questione di tassi d’interesse. Powell ha messo in discussione la cornice teorica su cui si è basata la politica monetaria degli ultimi anni, in particolare quella strategia introdotta nel 2020 che permetteva all’inflazione di “sforare” il target del 2% per compensare periodi di bassa crescita dei prezzi. Una scelta che, nel nuovo contesto, appare rischiosa.

Il cuore del discorso è questo: in un mondo in cui i costi aumentano non per eccesso di domanda ma per carenza di offerta – per esempio a causa di interruzioni delle catene di approvvigionamento o eventi climatici estremi – la politica monetaria si trova in un vicolo cieco. Aumentare i tassi per contenere l’inflazione può danneggiare la crescita, ma non farlo può lasciare l’inflazione fuori controllo.

Powell ha quindi aperto alla possibilità di tassi reali strutturalmente più alti. Non per raffreddare l’economia in senso classico, ma per ancorare le aspettative di inflazione in un mondo meno prevedibile. Una mossa che avrà implicazioni profonde per i mercati, il credito e le scelte di investimento.

Volendo leggere tra le righe, sembra che la Fed stia riconoscendo che il vecchio equilibrio tra inflazione e occupazione potrebbe non reggere più. La “nuova normalità” richiederà strumenti più flessibili, obiettivi più chiari e forse una nuova narrativa sulla stabilità economica.

Foto di Pedrik

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