Sarà il momento macroeconomico particolarmente complesso, sarà l’avvicinarsi della scadenza del mandato di Powell che suggerisce di aumentare la propria esposizione. Il dato di fatto è che in queste settimane non si contano più gli interventi dei vari governatori Fed. E le posizioni espresse sembrano rispecchiare quella dispersione fotografata dal dot plot di settembre.
Un problema in più per Powell chiamato a trovare una sintesi tra le varie anime in subbuglio. Della linea del neo governatore Stephen Miran abbiamo già scritto nei giorni scorsi, oggi proviamo a soffermarci su un altro punto di vista molto interessante. Ad accomunare i due discorsi sembra la necessità di dare il via ad un restyling della gestione della politica monetaria statunitense, che si è dimostrata molto spesso troppo lenta a reagire di fronte alle dinamiche macro degli ultimi anni.
Ma veniamo al punto. In un discorso pronunciato durante il workshop della Federal Reserve a Richmond, la presidente della Fed di Dallas, Lorie K. Logan, ha lanciato questa proposta: è tempo di modernizzare il tasso obiettivo operativo del Comitato Federale di Mercato Aperto (FOMC).
Cosa significa? Finora la Fed ha agito principalmente attraverso il tasso “federal funds” — lo scambio overnight non garantito tra banche — usandolo come strumento operativo e come segnale pubblico sulla direzione della politica monetaria. Ma, sottolinea Logan, i mercati sono cambiati: lo spazio interbancario non garantito nel quale si “muovono” i Fed Funds, che negli anni ’90 era centrale, oggi ha un peso minimo rispetto ai mercati garantiti.
Partendo da questa considerazione, Logan mette in guardia su un rischio cruciale: se la connessione tra il tasso “fed funds” e gli altri segmenti di mercato continuasse a indebolirsi, la capacità della Fed di trasmettere efficacemente le sue decisioni potrebbe risultarne compromessa. Per usare una metafora potremmo dire che la Fed rischia di trovarsi tra le mani un fischietto mentre per dirigere il traffico è necessario una sirena da nave.
Ecco allora l’idea di Logan: sostituire il tasso di riferimento (il fischietto) con un tasso repo garantito, nello specifico il TGCR (Tri-Party General Collateral Rate). Ma di cosa si tratta? In parole semplici, il repo è un contratto di prestito a brevissimo termine (di solito overnight) garantito da titoli, spesso titoli di Stato USA. In pratica, un soggetto vende un titolo con l’impegno a ricomprarlo il giorno dopo a un prezzo leggermente più alto: la differenza rappresenta l’interesse. Il TGCR misura proprio il costo medio di queste operazioni nel mercato cosiddetto “tri-party”, dove una banca custode gestisce garanzie e flussi in modo centralizzato e sicuro.
Per Logan, il TGCR ha tre vantaggi chiave: è più robusto, perché basato su un mercato ampio e liquido; è più rappresentativo delle reali condizioni di finanziamento; ed è meglio integrato con il funzionamento attuale del sistema monetario.
A scanso di equici Logan ha chiarito che la sua proposta è meramente operativa e non andrebbe a cambiare la strategia macroeconomica della Fed: l’obiettivo di stabilità dei prezzi, crescita e occupazione resta invariato. Si tratta piuttosto di aggiornare la “leva tecnica” attraverso cui la Fed traduce le sue decisioni in pratica. Usando la metafora di prima: non si tratta di cambiare il motivo per il quale si decide di farsi sentire, ma solo di cambiare lo strumento con il quale ci si fa sentire (dal fischietto alla sirena).
La transizione – conclude la governatrice – potrebbe essere graduale: l’idea sarebbe preparare il terreno in un momento di mercato stabile, così da evitare shock o incertezze improvvise, ma rafforzando la capacità della Fed di guidare l’economia in un contesto finanziario profondamente trasformato.