Se volessimo scattare una fotografia alla condizione attuale dell’economia mondiale, il rapporto OCSE di settembre 2025 – pubblicato ieri – sarebbe lo strumento più chiaro per farlo. Allora proviamo a vedere assieme quali sono i punti più interessanti dell’Economic Outlook elaborato dall’organizzazione parigina.
Crescita globale: resilienza con segnali di rallentamento.
La crescita economica globale si è dimostrata più resiliente del previsto nella prima metà del 2025, espandendosi a un ritmo annualizzato del 3,2%. Il sostegno è derivato dalla produzione e dal commercio anticipati prima dell’aumento dei dazi statunitensi, con la produzione industriale superiore alla media del 2024 nella maggior parte delle economie del G20. Forti investimenti nei settori high-tech hanno stimolato l’attività negli USA e in Giappone. I consumi privati hanno rallentato negli USA e in alcune aree dell’eurozona, mentre alcuni mercati emergenti hanno registrato picchi temporanei di crescita. In Cina, la spesa pubblica ha compensato gli effetti del mercato immobiliare e dei venti contrari commerciali con gli USA.
Commercio internazionale, dal boom pre dazi al rallentamento.
Il commercio globale di merci è cresciuto rapidamente nella prima metà del 2025, in parte grazie all’aumento delle spedizioni verso gli Stati Uniti, accompagnato da un aumento del rapporto scorte‑vendite nei retailer statunitensi. Fenomeno legato alla necessità di anticipare l’entrata in vigore dei dazi statunitensi.. Nel secondo trimestre, il commercio ha continuato a espandersi nelle economie avanzate asiatiche e nei mercati emergenti di Asia e Europa orientale, mentre negli USA le importazioni sono diminuite e le esportazioni sono calate in Canada e America Latina. Il commercio bilaterale tra Cina e Stati Uniti è sceso bruscamente negli ultimi mesi. Indicatori recenti mostrano un rallentamento del traffico portuale, del trasporto aereo e dei nuovi ordini di esportazione. Dal rapporto OCSE di settembre 2025 emerge quindi un primo tentativo di riorganizzazione dei flussi commerciali internazionali, con l’Asia che si rafforza e l’Europa che guarda più a est.
L’effetto dazi ancora inespresso sui prezzi.
Gli effetti dei maggiori dazi sulle imprese statunitensi non si sono ancora pienamente manifestati. Ciò è dovuto a diversi fattori: le aziende hanno utilizzato le scorte e i margini di profitto per assorbire l’impatto iniziale, c’è un ritardo tra l’annuncio e l’applicazione dei dazi e le merci già in transito sono esentate. Alcuni segnali indicano una riduzione degli acquisti di beni soggetti a tariffe più alte. I dazi effettivi mensili sono aumentati significativamente nel 2025, suggerendo un aumento delle entrate doganali nei prossimi mesi.
Ci sono già segni di traslazione dei dazi sui prezzi al consumo, soprattutto per beni durevoli ad alta componente importata. Le indagini aziendali mostrano che l’aumento dei costi di produzione si riflette sui prezzi finali. Dati sui prezzi all’import indicano che le aziende estere raramente hanno compensato i dazi aumentando i prezzi, con l’eccezione delle auto passeggeri giapponesi, vendute a prezzi più bassi.
Mercato del lavoro mostra qualche segno di rallentamento.
Le condizioni del mercato del lavoro mostrano segnali di allentamento. Sebbene il tasso di disoccupazione nell’OCSE resti molto basso storicamente, nella media è leggermente aumentato dalla fine del 2024. Le dinamiche variano tra paesi: la disoccupazione è salita in Sudafrica, India, Canada, Francia, Australia, Germania e Stati Uniti, mentre è scesa in Corea, Turchia, Brasile, Italia e Spagna, raggiungendo un minimo storico nell’area euro. Segnali di minore domanda di lavoro emergono anche dalla riduzione del rapporto tra posti vacanti e disoccupati in Stati Uniti, Germania, Australia, Regno Unito e Canada.
Si osserva inoltre un calo dell’intensità lavorativa in alcune economie avanzate, con ore medie per dipendente in diminuzione in Giappone, Canada, Francia, Spagna e Regno Unito. La crescita nominale dei salari continua a moderarsi, ma resta superiore ai livelli coerenti con gli obiettivi di inflazione negli Stati Uniti, Canada, Regno Unito e area euro, a meno di miglioramenti sostenuti della produttività. La combinazione di salari nominali più lenti e inflazione elevata ha ridotto la crescita reale dei salari in molte economie avanzate, tra cui Giappone, Italia, Canada, Spagna e Regno Unito.
Inflazione si stabilizza ma attenzione a prezzi dei beni alimentari
La disinflazione si è stabilizzata in molte economie, con l’inflazione dei beni in aumento e quella dei servizi persistente. Tuttavia, le dinamiche differiscono tra paesi avanzati: la quota di beni con prezzi in aumento superiore al 2% è cresciuta negli USA, Canada, Brasile e Regno Unito, mentre cala in area euro, Australia e India. Nei mercati emergenti, l’inflazione aumenta in Indonesia ma diminuisce in Argentina e Turchia; in Cina si è tornati alla deflazione ad agosto.
L’aumento dei prezzi alimentari globali, in particolare latte e oli vegetali, ha contribuito all’inflazione dei beni, con picchi in Giappone, Sudafrica, Regno Unito, Corea, Italia e Indonesia, mentre in India l’inflazione alimentare è scesa. Nei servizi, settori come salute, svago e ristorazione mostrano pressioni sui prezzi superiori ai livelli pre-pandemia. La riduzione dei costi abitativi aiuta a contenere l’inflazione nelle economie avanzate. Le aspettative di inflazione a breve termine restano elevate negli USA e Regno Unito.
Mercati finanziari in salute.
Le condizioni finanziarie sono diventate più favorevoli negli ultimi mesi sia nelle economie avanzate sia in quelle emergenti, con la volatilità dei mercati in calo dopo il picco di aprile. Le valutazioni azionarie sono elevate, i prezzi delle azioni sono aumentati in molti paesi e la capitalizzazione dei crypto-asset continua a crescere. L’appetito per il rischio degli investitori è aumentato, evidenziato dal calo dei premi per il rischio azionario e degli spread sulle obbligazioni corporate high-yield. La crescita del credito bancario si è ripresa nelle economie avanzate, mentre il dollaro USA si è indebolito, facilitando le condizioni finanziarie negli Stati Uniti e nei paesi emergenti con debito in dollari.
Nonostante ciò, permangono segnali di incertezza nei mercati finanziari e crescono le preoccupazioni sui rischi fiscali futuri, come il premio reale storico sui titoli del Tesoro USA a 10 anni, l’allargamento dello spread dei bond francesi rispetto alla Germania e l’inclinazione della curva dei rendimenti a lungo termine. I rischi fiscali sono più evidenti nelle economie avanzate, mentre i premi per il debito sovrano e corporate dei mercati emergenti sono ai minimi dal 2007. I prezzi dell’oro, indicatore tradizionale di incertezza, sono aumentati di circa il 40% dall’inizio dell’anno.
Foto di Pete Linforth