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Jerome Powell al Congresso: la Fed resta cauta in attesa di dati su inflazione e dazi

Nel suo intervento al Congresso USA, Jerome Powell ha riaffermato l’approccio “data-driven” della Fed. Niente tagli senza ulteriori dati su inflazione e mercato del lavoro. Ma una frase lascia aperta l’ipotesi luglio.


Il 24 giugno 2025, il presidente della Federal Reserve Jerome Powell ha testimoniato davanti al Congresso degli Stati Uniti in un’audizione molto seguita dai mercati e dagli osservatori economici. È stato un intervento denso di significati, soprattutto per chi cerca di capire dove stia andando la politica monetaria americana in un momento delicato per l’economia globale. Facciamo un po’ un riassunto di quanto emerso.

Powell ha aperto il suo discorso sottolineando i segnali contrastanti dell’economia: da un lato, la crescita del PIL si mantiene positiva, il mercato del lavoro appare robusto con una disoccupazione intorno al 4,2%, e l’inflazione ha rallentato rispetto ai picchi dello scorso anno. Dall’altro lato, i nuovi dazi commerciali introdotti quest’anno stanno cominciando a produrre effetti sull’andamento dei prezzi, generando nuove incertezze.

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Inflazione: sotto controllo, ma non ancora abbastanza

Uno dei temi centrali è stato l’andamento dell’inflazione. Powell ha ricordato che l’indice PCE, il principale indicatore monitorato dalla Fed, è cresciuto del 2,3% su base annua, mentre la componente core – che esclude alimentari ed energia – è ancora al 2,6%. Sono dati in calo rispetto al passato recente, ma ancora sopra il target del 2%.

Secondo Powell, parte dell’inflazione residua potrebbe essere legata ai recenti dazi su beni importati. Tuttavia, ha avvertito che è ancora troppo presto per sapere se questi effetti saranno temporanei o strutturali. La Fed, ha spiegato, “ha bisogno di vedere l’evidenza nei dati” prima di agire.

Dazi e incertezza: serve tempo per valutarne l’impatto

Interrogato da diversi membri del Congresso sull’effetto dei dazi, Powell ha mantenuto una posizione prudente. Ha ammesso che l’impatto sulle famiglie e sulle imprese potrebbe farsi sentire già dai prossimi mesi, ma ha chiarito che l’effetto finale dipenderà da quanto di questi rincari verrà trasferito ai consumatori.

“La politica monetaria deve rispondere a dinamiche di medio termine, non a shock temporanei. Non possiamo ancora sapere se i dazi avranno un impatto duraturo sull’inflazione”, ha affermato.

Mercato del lavoro: ancora solido

Nonostante qualche segnale di raffreddamento, il mercato del lavoro continua a mostrarsi resistente. I salari crescono in modo moderato e, secondo Powell, non generano pressioni inflazionistiche tali da giustificare una stretta monetaria o un taglio dei tassi.

“La situazione occupazionale è coerente con un’economia in equilibrio”, ha ribadito, segnalando che la Fed non vede al momento un’urgenza di intervenire per sostenere il lavoro.

Cosa aspettarsi nei prossimi mesi

In sintesi, Powell ha trasmesso un messaggio molto chiaro: la Fed resterà ferma in attesa di ulteriori dati. L’ipotesi di un taglio dei tassi non è esclusa, ma nemmeno imminente. Le prossime settimane saranno cruciali per valutare l’evoluzione dell’inflazione – in particolare quella collegata ai dazi – e per capire se ci sarà bisogno di un allentamento monetario. Per chi crede in una possibile mossa già a luglio non resta che sperare in quel “sooner rather than later” che Powell si è “lasciato sfuggire” durante l’audizione.

Nel frattempo, la Fed resta fedele al suo mandato: garantire stabilità dei prezzi e massima occupazione, senza farsi influenzare da pressioni politiche o reazioni impulsive ai movimenti di breve periodo.

In sintesi possiamo dire che l’intervento di Powell ha riaffermato l’approccio “data-driven” della Fed. In un contesto incerto, la banca centrale americana non intende anticipare mosse, ma continuerà a osservare da vicino i segnali dell’economia prima di decidere se e quando intervenire.

Foto Federal Reserve

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