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Lo “strano” comportamento delle aspettative di inflazione USA

Lo “strano” comportamento delle aspettative di inflazione USA

I recenti rialzi delle aspettative di inflazione negli USA non sono legati a reali movimenti dei prezzi o dell’inflazione di fondo. Un rischio per l’efficacia della politica monetaria, come spiega un recente studio della Fed di Boston.

Lo abbiamo raccontato spesso su Ekonomia.it: le aspettative d’inflazione delle famiglie sono uno degli elementi principali su cui si basano le scelte di politica monetaria. E con la Fed sotto costante pressione, le letture al rialzo delle aspettative di inflazione dei consumatori USA non sono certo passate inosservate.

Uno studio recente del Boston Fed intitolato Why Have Inflation Expectations Surged Recently? A Historical Perspective offre uno sguardo storico e attuale su come queste aspettative stiano diventando un possibile fattore di rischio nelle future scelte di politica monetaria.

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Facciamo un passo indietro e ricordiamo perchè l’inflazione attesa è così importante in politica monetaria. Le aspettative d’inflazione – cioè quanto gli individui si aspettano che i prezzi aumentino in futuro – influenzano direttamente le decisioni di salari e prezzi: se i lavoratori si attendono un aumento del costo della vita, chiederanno stipendi più alti; le imprese, a loro volta, potrebbero aumentare i prezzi per anticiparsi ai costi maggiori. Se queste aspettative si “sganciano” dai livelli storici normali, diventa più difficile per la Banca Centrale contenerle.

Ecco perchè è molto importante che gli elementi che contribuiscono alla creazione delle aspettative di inflazione siano individuabili e, in un certo senso, aggredibili da parte della banca centrale. Qui entra in gioco lo studio della Fed di Boston.

Questa ricerca ha esaminato i dati delle aspettative d’inflazione delle famiglie USA (forniti dal sondaggio della University of Michigan) dagli anni Sessanta a oggi. Il primo dato importante è che le aspettative a un anno hanno superato l’8 % in quattro momenti distinti: durante gli anni ’70 (due episodi), nel biennio 2021-2022 e di nuovo dall’inizio del 2025.

Ciò che colpisce è che l’ultima impennata, iniziata a marzo 2025, non può essere spiegata soltanto con l’aumento dei prezzi dei beni “evidenti” (come carburante o alimenti) o con l’inflazione “di fondo”. Lo studio quantifica che meno di 1 punto percentuale di quell’aumento può essere attribuito ai prezzi evidenti e all’inflazione generale; resta un elemento “non spiegato” superiore ai 7,5 punti percentuali.

In realtà, una possibile spiegazione c’è. Anche se lo studio non la menziona esplicitamente, è probabile che l’annuncio delle nuove politiche commerciali promosse da Trump abbia inciso sulle percezioni dei consumatori. I dazi sulle importazioni, infatti, sono percepiti come un fattore che può far aumentare i prezzi dei beni stranieri, alimentando così aspettative di inflazione più elevate. In questo senso, la reazione psicologica dei consumatori alle prospettive di un commercio più protezionista potrebbe essere tra le principali cause dell’attuale accelerazione delle aspettative sui prezzi.

Questa “componente non spiegata” rimane comunque allarmante: potrebbe segnalare che le aspettative si stanno de-an­corando, cioè tendono a staccarsi dai valori che le autorità monetarie vogliono tenere sotto controllo. Se ciò accadesse stabilmente, la Fed potrebbe trovarsi costretta ad adottare politiche più aggressive (tassi più elevati, restrizioni) per riportare le aspettative verso il proprio obiettivo (intorno al 2%).

Per il momento non sta accadendo, lo studio segnala che finora le aspettative a lungo termine non sono uscite dalla loro traiettoria “normale”, il che offre qualche margine di fiducia.

La conclusione ci riporta alla realtà politica statunitense e alle conseguenze che alcune decisioni possono avere sull’efficacia della politica monetaria della Fed. Tenere in conto delle aspettative delle famiglie e di come le scelte politiche possono influenzarle rimane cruciale. Perché se le aspettative di inflazione acquisiscono una vita autonoma rispetto ai prezzi correnti, possono complicare non poco il compito di una politica monetaria credibile ed efficace.

Foto di Gerd Altmann

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