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Eurobond: se non ora, quando?

Olivier Blanchard e Ángel Ubide lanciano una proposta sulla creazione di Eurobond che ci sentiamo di condividere. Il momento internazionale sembra propizio, il non agire potrebbe essere fatale.

Si dice da più parti che questo sia un tempo di cambiamento degli equilibrio internazionali. E se questo è vero per la politica, lo è ancor di più per la finanza. Basta osservare, ad esempio, la crescente ricerca da parte degli investitori internazionali di un’alternativa al dollaro statunitense come valuta di riserva e, soprattutto, come emittente di safe assets, cioè titoli pubblici altamente liquidi e percepiti come sicuri.

Una recente proposta del Peterson Institute for International Economics (PIIE), firmata da Olivier Blanchard (ex capo economista del FMI) e Ángel Ubide, rilancia un’idea che in Europa circola da anni ma che oggi sembra avere più urgenza e concretezza che mai: la creazione di un mercato europeo degli Eurobond.

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Secondo gli autori, il 2025 offre una finestra di opportunità irripetibile: l’Europa ha già messo in piedi strumenti comuni di debito – come ad esempio il piano Next Generation EU – e dispone di una base politica e tecnica su cui costruire. Inoltre, il contesto geopolitico ha messo in discussione la supremazia del dollaro come asset rifugio globale. Investitori istituzionali, banche centrali e fondi sovrani stanno diversificando le proprie riserve (basti ricordare la forte domanda di oro da parte delle banche centrali). Ma c’è un problema da risolvere: il mercato europeo del debito è troppo frammentato per competere davvero con quello statunitense.

Oggi, il mercato dei Treasury USA vale circa 30 trilioni di dollari. Il suo omologo europeo più vicino, quello dei Bund tedeschi, si ferma a circa 2,5 trilioni di euro. Anche considerando i titoli francesi o italiani, il panorama resta frammentato, privo di un benchmark unico e liquido. È qui che devono entrare in gioco gli Eurobond.

La proposta di Olivier Blanchard e Ángel Ubide è quella di creare un nuovo strumento “senior”, che affianchi i titoli nazionali senza sostituirli completamente. Il meccanismo sarebbe semplice:

  • Non servirebbero modifiche ai trattati europei né riforme radicali del Patto di Stabilità.
  • Ogni Stato membro potrebbe scambiare una parte del proprio debito esistente con Eurobond, fino a un certo limite (ad esempio, il 30% del PIL);
  • Questi Eurobond sarebbero garantiti collettivamente, ma senza implicare trasferimenti fiscali o condoni;

Dal punto di vista economico, un mercato ampio di Eurobond avrebbe molteplici vantaggi. Innanzitutto renderebbe più efficiente la gestione del debito pubblico, riducendo i costi di finanziamento per i paesi membri grazie a tassi più bassi su titoli liquidi e percepiti come più sicuri. In secondo luogo rafforzerebbe la resilienza finanziaria dell’UE, aumentando l’attrattività dell’euro come valuta di riserva globale. Infine, creerebbe un benchmark europeo per la finanza sostenibile e la politica industriale comune, facilitando emissioni future legate al clima, alla difesa o alla transizione digitale.

Ma non sè tutto. A livello geopolitico, dare vita agli Eurobond significherebbe anche ridurre la dipendenza strategica dell’Europa dal sistema finanziario USA, aumentando la propria autonomia in un mondo multipolare.

La proverbiale capacità europea di infilarsi bastoni tra le ruote è il principale ostacolo all’applicazione di questa strategia. Ed è ben noto che paesi come la Germania (forse ora un po’ meno), l’Olanda o la Finlandia sono da sempre riluttanti ad accettare strumenti che anche solo simbolicamente implichino una condivisione del rischio. Serve quindi un accordo su come regolare il rapporto tra debito nazionale ed Eurobond, sulla governance dell’emissione e sulla distribuzione delle responsabilità.

Ma come sottolineano Blanchard e Ubide, non agire potrebbe essere un rischio ancora più grande. Mentre gli Stati Uniti continuano a finanziare deficit colossali senza perdere la fiducia dei mercati, l’Europa rischia di restare un nano finanziario in un mondo che cerca nuove certezze.

Foto di NoName_13

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