Essere o apparire? Può sembrare una domanda da convegno filosofico o l’attacco per un post di life coaching. Ma non preoccupatevi, provvediamo subito a completare la domanda: essere o apparire benestanti? In un mondo sempre più guidato dalla percezione più che dalla realtà, anche l’economia, che in fin dei conti è scienza sociale, non fa eccezione. Uno dei concetti più affascinanti e insidiosi emersi negli ultimi anni è quello dello pseudo-benessere o pseudo-ricchezza. Di cosa si tratta?
Lo pseudo-benessere, detta semplice semplice, è la percezione di essere economicamente più ricchi di quanto si sia realmente. Questa illusione nasce spesso da aumenti temporanei nel valore degli asset – come immobili o azioni – che portano le persone a sentirsi più benestanti, anche se non vi è stato un corrispondente aumento del reddito reale o della ricchezza produttiva.
Come ricordano Martin Guzman ed il premio Nobel Joseph Stiglitz in un recente contributo pubblicato dal CEPR, i modelli macroeconomici classici collegano l’aumento della ricchezza disponibile, e quindi dei consumi, ad un cambiamento nei fattori produttivi, nella tecnologia o dell’organizzazione del lavoro. Ma da qualche tempo a questa parte si assiste a fluttuazione dei consumi completamente disancorate dall’andamento reale dell’economia.
Un esempio classico è quello delle bolle speculative: quando il valore delle case o dei titoli finanziari cresce rapidamente, e senza che vi siano modifiche sull’economia reale, molte famiglie vedono aumentare il valore del proprio patrimonio netto “su carta”. Questa percezione induce a maggiori consumi, investimenti rischiosi o indebitamento. Ma se il mercato corregge – come inevitabilmente accade – quell’illusione si dissolve, lasciando dietro di sé fragilità finanziaria e una brusca caduta della domanda aggregata.
Guzman e Stiglitz avvertono che questo meccanismo ha effetti macroeconomici importanti: l’economia può sembrare in espansione, ma è un’espansione fondata sull’aria. Quando l’illusione svanisce, la recessione è spesso più dolorosa proprio perché il consumo era sostenuto da una ricchezza fittizia. Le oscillazioni economiche generate da queste percezioni errate amplificano l’instabilità e rendono più difficile la gestione delle politiche monetarie e fiscali. L’era del digitale, con le infinite connessioni e la possibilità di influenzare il sentiment attraverso le piattaforme di social network, rischia di rendere più frequente il fenomeno dello pseudo-benessere e le sue conseguenze.
Lo pseudo-benessere è quindi una lente distorta attraverso cui i cittadini prendono decisioni economiche. E queste decisioni, moltiplicate per milioni di individui, hanno il potere di trasformare le percezioni soggettive in conseguenze molto reali.
Per i policymaker, riconoscere l’esistenza dello pseudo-benessere significa adottare un approccio più sofisticato: non basta guardare i dati macro come il PIL o la crescita del mercato immobiliare. Serve comprendere le aspettative e le illusioni che li muovono. L’educazione finanziaria, la trasparenza dei mercati e la regolamentazione delle bolle speculative non sono strumenti opzionali, ma essenziali per prevenire cicli viziosi di boom e bust.
Illustrazione di kalhh