Il Congressional Budget Office (CBO) ha pubblicato a settembre il suo ultimo aggiornamento sulle prospettive economiche degli Stati Uniti per il periodo 2025-2028. Il quadro che emerge è complesso: la crescita resta positiva, ma gli effetti di nuove politiche fiscali, dazi e dinamiche demografiche stanno ridefinendo il ritmo e la composizione dello sviluppo.
Per il 2025 il CBO stima una crescita del PIL reale dell’1,4%, in netto rallentamento rispetto al 2,5% del 2024. Il principale freno arriva dai nuovi dazi che hanno colpito oltre i tre quarti delle importazioni statunitensi: prezzi più alti per beni di consumo e input produttivi hanno ridotto il potere d’acquisto delle famiglie e aumentato i costi per le imprese. A questo si aggiunge il calo dell’immigrazione netta, che limita la crescita della forza lavoro e, quindi, della domanda interna.
Il 2026 appare più favorevole: grazie al reconciliation act approvato quest’anno, che ha esteso in via permanente i tagli alle imposte sul reddito e introdotto incentivi agli investimenti, il PIL dovrebbe accelerare al 2,2%. La combinazione di maggiore spesa pubblica, riduzione delle tasse e possibilità di dedurre interamente alcuni investimenti sostiene consumi e occupazione. Tuttavia, gli effetti positivi si attenuano già dal 2027, quando la crescita torna a stabilizzarsi attorno all’1,8% annuo.
Sul mercato del lavoro, il tasso di disoccupazione salirà al 4,5% a fine 2025, per poi scendere temporaneamente al 4,2% nel 2026. Anche qui il reconciliation act offre una spinta: la riduzione delle aliquote effettive sul lavoro e nuovi requisiti per programmi come Medicaid e SNAP incentivano l’offerta di manodopera. Ma la tendenza di fondo resta debole, soprattutto per l’impatto delle restrizioni migratorie.
L’inflazione, misurata dall’indice PCE, è prevista al 3,1% nel 2025, alimentata dai dazi. Il CBO ritiene che queste pressioni siano temporanee: nel 2026 il dato scende al 2,4%, per stabilizzarsi al 2% dal 2027, in linea con l’obiettivo della Federal Reserve. Proprio la Fed dovrebbe avviare un lento ciclo di riduzione dei tassi, con i Fed funds che passerebbero dal 4,3% di fine 2025 al 3,3% nel 2028.
Il commercio estero resta un punto critico: nel 2025 le esportazioni caleranno del 5% e le importazioni del 3,7%. Solo dopo il 2026, con l’adattamento delle catene del valore e un dollaro più debole, le esportazioni torneranno a crescere moderatamente.
In sintesi, il CBO descrive un’economia che, pur evitando una recessione, affronta ostacoli strutturali: dazi, minore immigrazione e invecchiamento demografico. La crescita rimane sopra lo zero, ma più fragile e dipendente da stimoli fiscali che, nel medio periodo, rischiano di essere compensati da deficit più alti e investimenti privati ridotti.
Foto di StockSnap