Negli ultimi anni, la diffusione dell’intelligenza artificiale (AI) ha alimentato un intenso dibattito su come queste tecnologie possano trasformare il mondo del lavoro. C’è chi teme una sostituzione massiccia di posti di lavoro, e chi invece intravede nuove opportunità, soprattutto per categorie che storicamente hanno avuto un accesso più limitato ad alcune professioni.
In questo scenario si inserisce lo studio della Banca Centrale Europea che analizza per la prima volta in modo sistematico la relazione tra diffusione dell’AI e partecipazione femminile al mercato del lavoro in 16 Paesi europei tra il 2011 e il 2019.
Per misurare l’impatto dell’AI sulle professioni, i ricercatori hanno utilizzato due approcci differenti. Il primo valuta quanto le competenze richieste in una determinata professione possano essere replicate dall’AI (metodo Felten). Il secondo incrocia descrizioni di mansioni con dati sui brevetti legati all’AI (metodo Webb). Entrambi i metodi sono stati applicati a livelli di dettaglio abbastanza granulari da permettere un’analisi precisa della composizione di genere nelle varie professioni.
I risultati sorprendono, perché contraddicono l’idea diffusa che l’AI possa avere un effetto neutro o addirittura negativo sulla partecipazione femminile. Al contrario, lo studio rileva che, nei lavori più “esposti” all’intelligenza artificiale, la quota di donne tende ad aumentare in misura più marcata rispetto alla media. In termini concreti, passando da un’occupazione poco esposta a una ad alta esposizione, la quota femminile può crescere di circa 2,2 punti percentuali secondo il metodo Webb e di 2,9 punti secondo quello di Felten.
Il contesto nazionale gioca però un ruolo decisivo. Nei Paesi in cui le donne partivano già da un alto livello di istruzione, e dove nel periodo analizzato sono stati compiuti progressi significativi nell’accesso femminile all’educazione, l’effetto positivo dell’AI sull’occupazione femminile è ancora più forte. Un esempio è quello dei Paesi Bassi, che, grazie a una combinazione di istruzione elevata e politiche del lavoro inclusive, mostrano un incremento particolarmente marcato nella quota femminile nei settori più toccati dall’AI. Anche il Portogallo ed Estonia emergono come casi virtuosi, con un’accelerazione della partecipazione femminile in settori tecnologicamente avanzati.
Altri Paesi, come l’Austria, il Belgio e il Lussemburgo, pur avendo un tessuto produttivo e un mercato del lavoro differenti, confermano lo stesso schema di fondo. L’esposizione all’AI coincide con una crescita della quota femminile, suggerendo che non è solo il settore tecnologico “puro” a beneficiare di questa dinamica, ma anche comparti più tradizionali che incorporano gradualmente strumenti e processi intelligenti.
Il quadro che emerge è chiaro: quando le donne hanno già un forte radicamento nel mercato del lavoro e un buon capitale educativo, l’AI agisce come un moltiplicatore di opportunità. Non si tratta soltanto di nuove professioni create ex novo, ma anche di trasformazioni all’interno di ruoli esistenti, dove le competenze richieste si spostano verso attività più analitiche, creative e di gestione, aree in cui la presenza femminile può espandersi rapidamente.
Certo, il periodo analizzato si ferma al 2019, quindi prima della rivoluzione dell’AI generativa che ha accelerato ulteriormente la diffusione di queste tecnologie. Sarà interessante verificare se la tendenza osservata continuerà o addirittura si rafforzerà negli anni successivi. Tuttavia, lo studio fornisce un messaggio chiaro ai decisori politici: investire nell’istruzione femminile e favorire la partecipazione delle donne al lavoro non è solo una questione di equità sociale, ma anche una strategia per massimizzare i benefici economici e occupazionali della transizione tecnologica in corso.
L’intelligenza artificiale, insomma, non è destinata a essere soltanto una forza dirompente che sostituisce compiti umani. Se accompagnata dalle giuste politiche, può diventare un alleato inatteso nella costruzione di un mercato del lavoro più equilibrato e inclusivo, capace di valorizzare pienamente il potenziale femminile in Europa.
Foto di Welcome to All