Prosegue la ricerca di fonti alternative per aggiornare lo stato dell’economia statunitense. Con i dati ufficiali su mercato del lavoro e inflazione ancora “imprigionati” dallo shutdown, emergono spunti interessanti dai sondaggi indipendenti. Uno di questi è il questionario condotto dalla National Association for Business Economics (NABE) e reso disponibile ai media questa mattina.
Nel sondaggio condotto a settembre, un panel di 40 economisti ha condiviso le proprie aspettative su crescita economica, mercato del lavoro e andamento dei prezzi negli Stati Uniti. Le indicazioni che emergono rivelano un’economia che continua a crescere, pur in presenza di un mercato del lavoro debole.
Vediamo alcuni dati salienti. Il PIL statunitense è stimato crescere del +1,8 % nel 2025 e con una dinamica simile nel 2026. Questa prospettiva riflette una revisione al rialzo rispetto al sondaggio di giugno, e viene attribuita a un incremento degli investimenti in grado di compensare una lieve contrazione dei consumi privati.
Per il 60 % degli intervistati, i dazi rappresentano un freno significativo alla crescita — stimato in circa mezzo punto percentuale — attraverso riduzioni nelle importazioni e nelle esportazioni e un innalzamento dei prezzi che riduce il potere d’acquisto. Nota interessante: nessuno degli economisti ritiene che la politica dei dazi possa dare un contributo positivo all’economia statunitense.
Passando al mercato del lavoro, il consenso prevalente è che il rallentamento in corso proseguirà. Il panel stima una creazione di circa 70 000 nuovi posti di lavoro mensili per il 2025, ovvero oltre 20 000 unità in meno rispetto alla precedente proiezione di giugno. Nell’ultimo trimestre del 2025 la crescita mensile dovrebbe rallentare ulteriormente, scendendo a 29 000 nuovi occupati al mese.
Parallelamente, il tasso di disoccupazione è previsto in aumento fino al 4,5 %, cifra che rimane leggermente inferiore alle stime precedenti.
Sul fronte inflazione, il sondaggio indica un fenomeno di persistenza. L’indice PCE (Preferred Consumption Expenditure), che è la misura privilegiata della Fed, è stimato chiudere il 2025 al 3,0 % (un decimo in meno rispetto alla stima precedente), ma nel 2026 la discesa sarebbe contenuta — a un livello di 2,5 % — meno accentuata rispetto alle attese di giugno. Ciò suggerisce un ritorno al target del 2 % più lento del previsto.
In sintesi: con un mercato del lavoro debole e un’inflazione persistente, le decisioni della Fed restano un enigma. Il bilanciamento tra mantenere la disciplina sui prezzi e non indebolire ulteriormente il mercato del lavoro è una sfida cruciale. Secondo gli economisti intervistati, ci sarebbe spazio per un solo taglio dei tassi entro fine anno, il che indica che le aspettative degli investitori potrebbero essere troppo ottimistiche.
Nella nebbia che avvolge il contesto macroeconomico statunitense, sembra delinearsi uno scenario di debolezza moderata: non tanto da spingere verso una recessione, ma nemmeno da consentire alla Fed una forte virata espansiva.