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Minutes Fed, ecco cosa c’è da sapere sui verbali della riunione di settembre

Dai verbali (minutes) della riunione Fed di settembre emergono sia i segnali di una volontà di ridurre i tassi di interesse, sia una prudenza ancora elevata sul fronte inflazione.

I verbali (minutes) della riunione della Fed del 16-17 settembre, pubblicati ieri, confermano un orientamento più espansivo della politica monetaria ma anche profonde divisioni interne sui rischi futuri per l’economia americana. Andiamo a vedere cosa dicono le carte sui punti più spinosi del momento: inflazione, mercato del lavoro e prossime mosse.

L’inflazione rimane ovviamente il tema centrale. Il PCE price index è aumentato del 2,7% su base annua ad agosto, mentre l’indicatore “core” si è attestato al 2,9%, ai livelli più alti del 2025 ma con segnali di stabilizzazione.

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I membri del FOMC riconoscono che i nuovi dazi imposti dall’amministrazione Trump hanno esercitato una pressione sui prezzi, ma in misura “più contenuta del previsto”. Alcuni funzionari ritengono che la crescita della produttività e il rallentamento dei consumi stiano attenuando la spinta inflazionistica.

Una parte del Comitato teme però che i progressi verso l’obiettivo del 2% si siano arrestati. Per questo, diversi membri — tra cui il presidente della Fed di Kansas City, Jeffrey Schmid, e quello di Chicago, Austan Goolsbee — hanno espresso prudenza rispetto a una serie di tagli ravvicinati.

Sul fronte del mercato del lavoro i dati esaminati dalla Fed mostrano un quadro occupazionale in progressivo indebolimento. Il tasso di disoccupazione è salito al 4,3% ad agosto, in aumento rispetto all’inizio dell’anno, mentre la crescita dei salari è rallentata al +3,7% su base annua. La partecipazione alla forza lavoro è in lieve calo e il numero di nuove assunzioni mensili rimane contenuto. La stessa Fed ha rivisto al ribasso di oltre 900.000 unità le stime sull’occupazione tra aprile 2024 e marzo 2025.

Nonostante ciò, i funzionari non parlano ancora di un deterioramento netto: la maggior parte dei membri ritiene che le condizioni del mercato del lavoro “resteranno sostanzialmente stabili o si ammorbidiranno solo in modo modesto”. Alcuni, tuttavia, segnalano rischi crescenti legati all’automazione, al rallentamento dell’immigrazione e alla minore dinamicità del mercato del lavoro.

E quindi, cosa attenderci da qui a fine 2025? Nel sondaggio interno della Fed circa metà degli analisti prevede almeno altri due tagli entro fine anno, e dal canto suo il mercato sta prezzando con quasi certezza nuovi tagli a ottobre e dicembre. Ma l’assenza di dati economici — dovuta allo shutdown federale — complica le prossime mosse.

Sulla questione i verbali della FED sul punto rimangono sul vago. Il board ha confermato la prosecuzione del “quantitative tightening”, ma diversi membri hanno invitato alla cautela. Le riserve bancarie, stimate a circa 2.800 miliardi di dollari, si stanno avvicinando al livello “ampio ma non eccessivo”. Le minutes Fed sottolineano che si continuerà a monitorare attentamente i mercati monetari, un segnale che forse l’istituto potrebbe avvicinarsi a una pausa nel ridimensionamento del bilancio.

Riassumendo. La Fed sembra consapevole della fragilità del momento economico e della necessità di un equilibrio tra i due lati del suo mandato. Per questo si mantiene pronta a intervenire se l’economia rallenta, ma vigile per evitare che l’inflazione torni a salire.

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