Lo shutdown del governo federale negli Stati Uniti aggiunge incertezza sui mercati finanziari; e non se ne sentiva certo il bisogno. Stop ai servizi non essenziali, migliaia di dipendenti in congedo temporaneo o addirittura a rischio licenziamento e un impatto economico che dipende molto dalla durata della chiusura.
Ma andiamo con ordine. Partiamo dalla definizione di shutdown. Negli Stati Uniti uno shutdown si verifica quando il Congresso non approva per tempo i finanziamenti necessari al funzionamento delle agenzie federali: le attività “non essenziali” vengono sospese e i dipendenti messi in congedo temporaneo (furloughed in inglese) non lavorano fino alla riapertura (alcuni servizi essenziali continuano senza retribuzione immediata).
Dal 1976 a oggi si sono registrati diversi shutdown federali: la conta comunemente citata è nell’ordine di una ventina di episodi riconosciuti a livello federale. La durata media storica è relativamente breve: circa 8 giorni secondo dataset storici che sintetizzano gli eventi dal 1976 in poi. Il più lungo è stato quello del 2018–2019 (35 giorni, c’era proprio Trump alla Casa Bianca).
La domanda che circola da qualche giorno tra gli operatori finanziari è scontata: quali saranno le conseguenze? La gravità dell’impatto economico dipende quasi esclusivamente dalla durata e dall’estensione dello shutdown: più è lungo e più settori rimangono paralizzati (permessi, controlli, servizi, pagamenti a contractor), più alto il rischio che l’effetto si manifesti sulle principali variabili economiche (disoccupazione, consumi, crescita).
Il CBO ha stimato che lo shutdown parziale terminato nel gennaio 2019 ha ritardato circa 18 miliardi di spesa discrezionale e ha ridotto il livello del PIL nei trimestri successivi, per un costo stimato attorno a 11 miliardi totali con circa 3 miliardi di perdite permanenti. Questo esempio mostra come i costi reali — seppur concentrati — possono essere significativi soprattutto a livello locale e per i settori più esposti.
La catena di trasmissione è molto semplice. C’è in primis una riduzione temporanea della spesa dei lavoratori federali, ma anche un rallentamento delle attività che richiedono permessi o garanzie federali (edilizia, export, prestiti garantiti). Si ritardano i pagamenti ai fornitori e via discorrendo.
Per i mercati finanziari, come detto all’inizio, tutto questo si traduce in incertezza. Lo shutdown mette a rischio la pubblicazione di importanti dati macroeconomici (il più prossimo è quello sul mercato del lavoro a settembre), numeri essenziali per prendere decisioni strategiche. L’incertezza politica/istituzionale spinge una parte degli investitori verso l’oro e altri asset rifugio; al tempo stesso può indebolire il dollaro nel breve se lo scenario politico è percepito come destabilizzante per la crescita o per il credito. L’impatto sulle azioni (S&P500 e altri indici) è spesso concentrato su titoli sensibili alla spesa pubblica e ai servizi collegati al governo; in passato i mercati azionari hanno mostrato volatilità a brevissimo, ma tendenzialmente possono digerire senza grossi problemi shutdown brevi. L’effetto su credito e high yield dipende da quanto lo shutdown impatti la domanda aggregata e i margini societari.
Stando a quanto raccontano agenzie di stampa e commentatori statunitensi, una possibile soluzione potrebbe essere trovata in tempi brevi, forse nel giro di una settimana. Tutto dipenderà da quanto tempo servirà alle parti politiche per arrivare ad una mediazione (il tema caldo sono le spese per la sanità).