La bolla dell’intelligenza artificiale, delle criptovalute e via discorrendo. Quando leggiamo o sentiamo parlare di bolle finanziarie, sembra sempre che la storia segua un copione ben noto: il mercato cresce in modo vertiginoso, l’entusiasmo contagia gli investitori, e subito dopo arriva lo scoppio, con perdite disastrose.
L’immagine che abbiamo è quella di un meccanismo quasi inevitabile, un ciclo destinato a ripetersi. Ma è davvero così? Uno studio di William N. Goetzmann, intitolato “Bubble Investing: Learning from History” e pubblicato dalla CFA Institute Research Foundation, ci invita a guardare il fenomeno delle bolle speculative con più attenzione. Non tutti i boom finiscono male e non sempre un rialzo eccezionale anticipa un crollo.
Goetzmann ha analizzato oltre un secolo di dati dei mercati azionari in diversi paesi, attingendo a fonti come il database di Dimson-Marsh-Staunton e ad archivi storici di lungo periodo. Nella sua ricerca ha definito “boom” un raddoppio del valore di mercato in un arco di tempo relativamente breve, per esempio un anno, oppure in un periodo intermedio, come tre anni. Una “bolla” vera e propria, invece, è un boom che viene seguito da un crollo, cioè da una perdita di almeno la metà del valore raggiunto. Con questa classificazione, Goetzmann ha potuto distinguere i semplici periodi di crescita straordinaria dalle vere e proprie sequenze boom-and-bust.
I risultati della ricerca sono sorprendenti. Quando un mercato raddoppia in un anno, la probabilità che nei dodici mesi successivi si verifichi un crollo superiore al cinquanta per cento è in realtà molto bassa. Anche se si estende l’orizzonte di osservazione a cinque anni, il rischio di una caduta devastante rimane limitato. In altre parole, un boom non coincide quasi mai automaticamente con una bolla. La narrazione comune, quella che associa crescita veloce a rovina certa, non è confermata dai dati storici. In numerosi casi, il boom è stato semplicemente un periodo di espansione, seguito da fasi alterne di volatilità, ma non da crolli spettacolari.
Goetzmann illustra il suo lavoro anche con esempi storici celebri. Ricorda il Mississippi Bubble in Francia e la South Sea Bubble in Inghilterra, entrambi del 1720, che sono diventati paradigmatici di come una bolla possa esplodere e travolgere investitori e istituzioni. Ma sottolinea anche che, accanto a questi episodi drammatici, la storia finanziaria è costellata di molti altri boom che non hanno avuto lo stesso destino. Già nel XVI e XVII secolo, racconta l’autore, i mercati obbligazionari della Casa di San Giorgio a Genova attraversarono periodi di forte crescita e poi di ridimensionamento, senza però trasformarsi in catastrofi sistemiche.
Questa lettura cambia il modo in cui dovremmo interpretare i mercati. Per un investitore, significa non lasciarsi paralizzare dalla paura ogni volta che un indice raddoppia. L’idea che dopo ogni boom ci sia necessariamente un tracollo porta a rinunciare a opportunità importanti. Naturalmente la prudenza è indispensabile, ma deve essere accompagnata dalla consapevolezza che la probabilità di un disastro immediato è più bassa di quanto la memoria collettiva faccia credere.
Dal canto loro le autorità di vigilanza devono valutare se dietro l’aumento ci sia un’innovazione reale, una trasformazione economica strutturale, oppure solo una corsa speculativa. Non si tratta di negare che le bolle esistano, ma di riconoscere che non sono la norma e che la storia è fatta di molte fasi di crescita duratura.
La lezione di Goetzmann è chiara. Parlare di bolle solo attraverso le lenti delle catastrofi del passato rischia di deformare la nostra percezione dei mercati. Certo, episodi come quello del 1720 o la crisi del 1929 restano pietre miliari, ma non raccontano tutta la storia. Molti boom non si trasformano in bolle e, sebbene comportino rischi, aprono anche nuove prospettive di crescita.
In un’epoca in cui modelli predittivi e algoritmi sofisticati cercano di anticipare i movimenti dei mercati, lo studio ci ricorda che la vera arma rimane la conoscenza storica. Non per restare prigionieri della paura di una bolla imminente, ma per leggere il presente con realismo e senso critico. La finanza non è un copione scritto, e distinguere tra boom e bolla è un’arte che richiede più discernimento che previsioni meccaniche.
Foto di Markus Winkler