Negli USA la lotta all’inflazione ha portato ad una riduzione dei posti vacanti ma la disoccupazione rimane sui minimi storici. Una situazione che divide gli economisti e fa emergere la figura del governatore FED Christopher Waller.
Nella scorsa settimana i dati macro provenienti dagli USA ci hanno detto due cose: l’inflazione continua a scendere, anche se con un ritmo più lento e con essa rallentano anche i consumi; il mercato del lavoro – analizzato attraverso le dinamiche dei sussidi di disoccupazione – continua a non mostrare segnali di cedimento.
E sul mercato del lavoro possiamo dire anche qualcosa di più: mentre si assiste ad una riduzione delle offerte di lavoro e dei posti vacanti non si sta verificando un corrispondente incremento del tasso di disoccupazione e – aggiungiamo – nemmeno sul fronte dei sussidi continuativi (un indicatore della maggior difficoltà a trovare reimpiego) non si registrano movimenti tali da indicare un incrocio più difficile tra domanda ed offerta.
Tutto quando detto sopra è riassumibile in una sola frase: in questa fase dell’economia statunitense, dopo la curva di Phillips, anche quella di Beveridge sta andando in seria difficoltà. Come sappiamo la curva di Phillips descrive una relazione inversa tra inflazione e disoccupazione (se cala la prima sale la seconda e viceversa), mentre quella di Beveridge sostiene che ad una riduzione dei posti vacanti corrisponde un incremento della disoccupazione (e viceversa).
Se il rapporto tra inflazione e disoccupazione aveva registrato segnali di evidente crisi già prima della pandemia, quando a tassi di interesse praticamente schiacciati sullo zero i prezzi non davano alcun segnale di surriscaldamento, la reazione tra posti vacanti e disoccupazione sembra essersi spezzata all’indomani dell’uscita dell’economia USA dalla crisi pandemica.
Sullo strano caso della relazione posti vacanti/disoccupazione si è sviluppato nell’ultimo biennio un interessante dibattito tra economisti. Da un lato c’è chi sostiene che senza un aumento della disoccupazione non si può immaginare un ritorno ad una inflazione stabile e sotto controllo; dall’altro chi dice che le cose questa volta sono differenti e che è possibile mantenere sotto controllo i prezzi riducendo le offerte di lavoro ma mantenendo livelli occupazionali elevati. Tra i primi ci sono economisti del calibro di Olivier Blanchard e Lawrence Summers; dall’altro c’è uno degli “astri nascenti” della FED, il governatore Christopher Waller.
Di area repubblicana e secondo molti papabile sostituto di J Powell nel caso di vittoria repubblicana alle prossime elezioni USA, Christopher Waller è balzato agli onori della cronaca per una teoria che possiamo riassumere così. Quando il mercato del lavoro si surriscalda cambiano le preferenze dei datori di lavoro: piuttosto che licenziare dipendenti assunti con tanti sforzi, preferiscono ridurre drasticamente i posti vacanti.
I numeri sembrano dargli ragione. Nel 2022 il 7% dei posti di lavoro negli USA era vacante, l’inflazione era attorno al 7% ed il tasso di disoccupazione al. Da allora i posti vacanti sono scesi di quasi due punti percentuali, l’inflazione è tornata sotto al 3% e la disoccupazione non si è schiodata dai suoi minimi storici. Lo stesso orientamento della FED è parso andare in questa direzione, controllare l’andamento delle offerte di lavoro più che quello della disoccupazione.
Blanchard dal canto suo ha ammesso che i dati al momento sembrano dar ragione alla teoria di Waller, ma l’andamento dell’inflazione rimane ancora incerto. E del resto lo stesso Waller appare molto prudente in merito alle future scelte del board.
Foto di Niek Verlaan