Intelligenza artificiale, nuovi numeri su mercato del lavoro e disuguaglianze

L’ultimo lavoro del Fondo Monetario Internazionale ci dice che 4 lavori su 10 dovranno convivere con qualche forma di intelligenza artificiale e che la ricchezza derivante da una maggior produttività, se non adeguatamente redistribuita, rischia di aumentare le disuguaglianze economiche.

Ne siamo abbastanza certi. L’intelligenza artificiale rimarrà anche nel 2024 uno dei pricipali temi caldi sul fronte economico e sociale. La dimostrazione plastica del ruolo centrale di questa nuova frontiera tecnologica ci arriva direttamente dal forum economico in corso a Davos, dove mai come quest’anno le tavole rotonde e gli eventi con tema AI ed affini abbondano. Gli argomenti più gettonati sembrano essere quelli che indagano le relazioni tra l’intelligenza artificiale ed alcune variabili socioeconomiche fondamentali: la produttività, il mercato del lavoro e le disuguaglianze.

Proprio su queste tematiche si concentra l’ultimo contributo del Fondo Monetario Internazionale. Il lavoro, presentato dalla direttrice del fondo – Kristalina Georgieva – proprio in quel di Davos, analizza i possibili scenari derivanti dall’implementazione dell’AI nell’economia. Il principale risultato è che a livello globale il 40% dei lavori dovrà in qualche modo convivere con la nuova tecnologia. Una percentuale che per le economie avanzate sale al 60%. Questo non significa che spariranno 4 lavoratori su 10, ma molto più semplicemente che una gran parte di quei 4 lavoratori su 10 svolgeranno le loro mansioni collaborando con una qualche forma di intelligenza artificiale. A “rischiare il posto”, stando all’analisi dell’FMI, sono soprattutto i lavoratori più anziani, meno capaci di adattarsi ed apprendere le nuove tecnologie.

L’impatto principale sarà quello sulla produttività ed è qui che la soglia d’attenzione dovrebbe alzarsi. Secondo l’FMI tutto dipenderà da come verrà distribuita la maggior ricchezza generata dall’incremento di produttività. Se la distribuzione sarà asimmetrica (vale a dire solo per la retribuzione degli alti livelli e del capitale), la conseguenza sarà un ulteriore allargamento delle disparità economiche. In altre parole, ricchi (pochi) sempre più ricchi e middle class in ulteriore declino. Un problema che dovrebbe essere al centro dei pensieri del legislatore. La politica, ammonisce Georgieva, ha il compito di accompagnare la società nell’era dell’AI, da un lato mettendo i cittadini nelle condizioni di poter essere competitivi in un mercato del lavoro che eliminerà o quasi i profili low-skill; dall’altro introducendo sistemi di redistribuzione della ricchezza.

Per misurare il grado di preparazione delle principali economie mondiali all’adozione dell’AI nell’economia, il Fondo Monetario Internazionale ha preparato un indice, l’AI Preparedness Index, che al momento monitora 125 paesi. Il primo rilevamento suggerisce che le economie avanzate ed alcuni paesi asiatici (USA, Danimarca e Singapore su tutti; l’Italia è sotto la media delle economie avanzate) sembrano aver già raggiunto un adeguato livello di preparazione. La distribuzione è comunque molto disomogenea.

Illustrazione di Alexandra_Koch

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