L’Eurozona scricchiola sotto i colpi dell’alta inflazione e di una politica monetaria mai così restrittiva e così, mentre pochi lo nominano e dai piani alti ci si affretta nelle smentite, il fantasma della stagflazione rimane sulla soglia.
La scorsa settimana la BCE ha proceduto con un ulteriore rialzo dei tassi di interesse, esattamente il 10° consecutivo. Il riferimento è salito al 4.5%, livello mai raggiunto nell’Eurozona e che dovrebbe essere anche il picco della manovra restrittiva avviata a metà 2022; almeno così sembra aver fatto intendere la governatrice Christine Lagarde. C’è francamente da augurarselo, perchè a questi livelli di tassi di interesse l’economia dell’area sta soffrendo, e parecchio. Lo certificano del resto anche le nuove stime elaborate sia dalla Commissione Europea, sia dalla stessa BCE. Nel 2023 il PIL dell’Eurozona dovrebbe salire poco sotto all’1%, ed una crescita sotto ai due punti percentuali è attesa anche nel biennio 2024-2025.
Un sacrificio che occorreva mettere in preventivo per avere la meglio su una fiammata inflazionistica che di temporaneo, alla fine, non aveva praticamente nulla. Anche in questo caso i dati suggeriscono che la battaglia sembra prendere la piega giusta: dal 10.6% toccato nell’ottobre del 2022, l’inflazione viaggia ora su una variazione annua del 5.3%, stesso valore raggiunto dalla cosiddetta componente core. Ma di strada da fare per l’Eurozona ce n’è ancora molta ed è proprio lungo questo percorso accidentato che si nasconde il fantasmino di cui accennavamo sopra: quello della stagflazione. Ossia? Vale a dire quando un’economia cresce poco o niente mentre i prezzi salgono, e molto.
Dal canto suo, rimettendo al centro del mandato la stabilità dei prezzi, la banca centrale ha fatto quanto doveva e – come ha detto Lagarde – se i dati non danno indicazioni diverse, ora basterà rimanere su quella posizione restrittiva per raccogliere i frutti. Ma l’effetto collaterale sul tessuto economico europeo potrebbe essere molto pesante. Tutto dipende da come evolveranno le molte e complesse partite macroeconomiche che si giocheranno nei prossimi mesi. Dalla soft landing statunitense alla ripresa economica cinese, fino all’evoluzione delle tante crisi geopolitiche sparse per il globo.
Preoccupa un dollaro particolarmente forte ed i prezzi in aumento delle materie prime energetiche. Preoccupa il delicatissimo momento che sta vivendo l’economia tedesca. Preoccupa il rallentamento dell’occupazione nell’area ed i livelli sempre al limite dell’anemico dei consumi.
Saranno mesi complicati, con l’impressione che da ora in poi la BCE avrà pochissimi spazi di manovra contro nuove fiammate inflazionistiche.
Foto di Simon