Tra minute Fed e dubbi BCE

I mercati continuano ad attendere segnali di rallentamento del rialzo dei tassi e la minute FED di settimana scorsa ha rafforzato le speranze. Anche la BCE sembra meno convinta di procedere a tutto vapore.

Lo scorso mercoledì è stato pubblicato la minute dell’ultima seduta della Federal Reserve. Il documento mostra la volontà del board di adottare nei prossimi mesi un atteggiamento meno aggressivo sul fronte della politica monetaria. Trasformando il discorso in numeri, l’intenzione della FED pare quella di alzare i tassi “solo” di altri 50 punti base nella prossima riunione.

Motivo di gioia in più per godersi il tacchino nel giorno di ringraziamento, hanno pensato i mercati finanziari, ma ad una lettura più approfondita la minute della FED lancia due avvertimenti che piazzano lì una frenata all’ottimismo piuttosto consistente. In primo luogo un numero non meglio precisato di membri del board – nella minute è usata l’insolita espressione “various members” – sembra essersi convinto che il picco dei tassi di interesse sarà un po’ più su di quanto atteso precedentemente. Inoltre, secondo avvertimento, nel verbale è scritto che la probabilità di una recessione nei prossimi 12 mesi è salita al 50% ed è la prima volta dal marzo scorso che tale dato viene messo nero su bianco nella minute.

Un colpo al cerchio ed uno alla botte, si direbbe sintetizzando. In effetti dalle parti della FED temono un effetto entusiasmo sui mercati finanziari (e sui consumi) capace di dissipare tutto quello che di buono le mosse restrittive hanno portato in questi mesi.

Letta la minute della FED qualcuno ha subito orientato lo sguardo verso l’Europa, ragionando sulla possibilità che anche la BCE abbandoni i propositi da falco “duro e puro”. In questo senso sembravano andare le parole di Lagarde che sostenevano la possibilità di una pausa nei rialzi dei tassi a fronte di una recessione severa. A dare manforte al partito delle colombe anche il resoconto dell’ultima seduta di novembre dell’istituto con sede a Francoforte. Alcuni membri, si legge, avrebbero preferito un rialzo di soli 50 punti base ad ottobre vista la presenza anche di altri interventi di stretta alla liquidità.

La frenata ai facili entusiasmi è poi arrivata dalle parole di Isabel Schnabel che ha ricordato come il rischio di sottostimare la persistenza dell’inflazione nel sistema vada assolutamente evitato, sottintendendo che un rallentamento della politica monetaria restrittiva ora sarebbe quanto meno una mossa azzardata.

Nel frattempo la Riksbank (la banca centrale svedese) ha alzato il riferimento di altri 75 punti base, con il governatore Stefan Ingves a sottolineare che altri interventi saranno necessari, dato che l’inflazione non sembra avere intenzione di abbassare la testa nel 2023.

Foto di nikon89

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