La lama a doppio taglio del blocco delle esportazioni

Di fronte alla crisi di offerta che sta incendiando i prezzi delle materie prime alimentari, alcuni paesi produttori hanno reagito con il blocco o la limitazione delle esportazioni. Un comportamento che gli economisti giudicano controproducente.

L’ultimo rapporto della FAO ci dice che il conto complessivo delle importazioni di cibo per il 2022 dovrebbe toccare un nuovo record storico: 1.81 trilioni di dollari. Un aumento del 3% rispetto al 2021, frutto in larga parte dell’effetto inflazione, che rischia di lasciare fuori dal mercato, perchè impossibilitata a farvi fronte, una larga fetta di popolazione mondiale. Sempre la FAO ci ricorda che nell’anno in corso i paesi più poveri ridurranno i loro acquisti di cibo per quasi 2,5 miliardi di dollari.

Come abbiamo avuto modo di dire altre volte nel nostro blog, la crescita dei prezzi delle materie prime alimentari non è un fenomeno di breve periodo, ma ovviamente la guerra in Ucraina ha amplificato e velocizzato un movimento che i cambiamenti climatici e la geopolitica stavano generando da anni.

A preoccupare in quest’ultimo periodo è la reazione di molti paesi produttori alle vicende ucraine. A darci qualche dato ci pensa un post di Cullen S. Hendrix (PIIE). Dall’inizio del conflitto ben 23 paesi hanno approvato restrizioni sulle esportazioni di materie prime alimentari, e si tratta in larga parte di paesi con un sistema politico dai tratti spiccatamente autoritari.

Bloccare o ridurre drasticamente le esportazioni di materie prime quali il grano, però, comporta un doppio effetto negativo, uno internazionale e l’altro interno. Sul fronte internazionale l’ulteriore riduzione dell’offerta non fa altro che aumentarne i prezzi amplificando il problema. Sul fronte interno il blocco delle esportazioni fa mancare un canale fondamentale di vendita e di reddito ai produttori, disincentivandoli. Allo stesso tempo l’assunzione di un comportamento protezionistico rischia di avere effetti nel lungo termine, quali la perdita di reputazione e la conseguente riduzione strutturale dei volumi di esportazione.

Si tratta di una situazione simile, ricorda Hendrix, a quanto visto nel 2007–08. Anche in quell’occasione alla crisi sui prezzi delle materie prime alimentari si rispose con le barriere all’export, di fatto rendendo ancora più grave il problema. La notizia positiva, aggiunge l’autore, è che in questa tornata grandi paesi esportatori come Cina e India, al momento, sembrano resistere alle tentazioni protezionistiche.

Foto di Siggy Nowak

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