USA tra numeri della pandemia e segnali dai mercati

Negli USA i numeri della pandemia, specialmente quelli degli ultimi giorni, hanno avuto la forza di spezzare il lungo rimbalzo dei listini newyorkesi.

La situazione USA e i numeri della pandemia.

Il numero dei positivi negli USA ha oltrepassato i 2 milioni. Da qualche settimana in molti stati si è cominciato a ridurre le misure di lockdown imposte, in maniera disomogenea, tra fine marzo ed inizio aprile. Nelle giornata di ieri sono però arrivati dati preoccupanti da tre stati. Texas, Florida e California. Il Texas sempre la situazione più preoccupante con il numero di contagiati giornalieri salito martedì a 2504; è il numero di casi giornalieri più alto dall’emergere dell’epidemia. In Florida, ad un mese dalle riaperture, il numero di positivi è risaliti ai massimi da una settimana, in California il numero di persone ospedalizzate è ai massimi dal 13 maggio scorso. Insomma tutto fa pensare ad una seconda ondata di epidemia, tanto che la città di Huston si starebbe preparando a riaprire gli ospedali dedicati al Covid-19 e a ripristinare le misure di limitazione delle attività.

L’allarme lanciato a gennaio. Note di speranza ma rimane domanda.

Oggi dalle colonne del Wall Street Journal sappiamo che già a gennaio un sonoro allarme era stato mandato ai money manager americani. Il capo del Wellcome Trust, Jeremy Farrar, dichiarava chiaramente che l’epidemia di coronavirus poteva avere effetti mai visti in precedenza, complice la sua velocità di diffusione e capacità di adattamento. Senza misure di contenimento, concludeva Farrar, la triste contabilità dei morti negli USA avrebbe potuto arrivare entro 2020 fino ad un milione di unità. Lo stesso Farrar, pochi giorni fa, si sarebbe detto comunque ottimista sulla possibilità di avere a disposizione un vaccino tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021. Il problema, non di poco conto, è capire come l’amministrazione statunitense riuscirà a gestire fino ad allora l’emergenza.

Le speranze di ripresa veloce infrante dai dati. Se è vero che i grandi investitori si stanno tenendo prudentemente alla finestra, sono i piccoli investitori ad aver invaso i listimi americani, comprando sulla scia di un ottimismo che abbiamo già definito come fragile e ancorato su aspettative distorte. La conferma è arrivata ieri, l’ipotesi di una ripresa veloce si è scontrata con la realtà dei numeri. Quelli della pandemia in primis, ma poi anche i dati sul mercato del lavoro, più vicini alle dichiarazioni di J Powell che del presidente Trump. Il risultato è stato uno sbandamento preoccupante e al tempo stesso salutare. Non sappiamo se il movimento continuerà o se assisteremo ad un rapido riassorbimento, di sicuro ora gli investitori avranno un orecchio più attento all’evoluzione della pandemia.

Volatilità, tanta volatilità per i prossimi mesi. Se in ottica di lungo periodo, questi scivoloni del mercato non fanno altro che creare gustose occasioni all’acquisto, per chi abbia un orizzonte temporale di breve termine è bene sapere che le oscillazioni sono probabilmente appena iniziate. Per sapere se e per quando tenderanno a smorzarsi occorre tenere sotto controllo tre aspetti: andamento epidemia, dati economici di giugno e luglio, nuove guidance aziendali.

FX implied volatility index. L’indice elaborato da Deutsche Bank torna a crescere, raggiungendo i suoi massimi a tre mesi. Un indicatore che monitora gli scambi tra valute internazionali. Una maggiore volatilità è sinonimo di turbolenze sui mercati, con investitori che scappano da determinate valute per rifugiarsi in altre. L’aumento può segnalare, come avvenuto a inizio marzo, l’appressarsi di un nuovo periodo complicato per l’azionario. E’ tuttavia un segnale e da solo non fa una prova.

Foto di Alexas_Fotos

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