La macchina ad ingranaggi. L’economia globale costretta ad una ripresa lenta

Nel corso degli anni l’economia globale è andata configurandosi come una grande macchina ad ingranaggi. Un meccanismo complesso e interdipendente che non si può modificare in poco tempo. Anche per questo il ritorno alla normalità non sarà veloce.

Amazon e Aliexpress sono forse gli esempi più lampanti di come l’economia mondiale fosse diventata nel mondo pre-coronavirus. Una grande macchina ad ingranaggi. Il fornitore in un paese asiatico, dove il costo della manodopera è minimo. Il venditore in un paese dalla fiscalità agevolata, come Olanda o Irlanda. Infine un compratore in qualsiasi punto del globo, collegato ad un pc.

Bastano due dati a dare il senso di come la catena di distribuzione globale, perfezionatasi negli anni, trasmettesse il suo movimento. Secondo alcune stime, riportate settimana scorsa dall’Economist, una tazza di caffè racchiude nel suo inconfondibile aroma il lavoro di 29 aziende sparse in 18 paesi del mondo. Stando ai dati del 2019, una riduzione di un decimale della crescita mondiale significa una riduzione del volume di merci trasportate del 13%.

Ingranaggi. Un sincronismo che negli anni ha portato all’eliminazione di doppioni, per rendere il tutto ancora più performante. Ecco allora demandare completamente la realizzazione di alcuni componenti ad alcuni paesi. E’ il caso delle mascherine, per rimanere nella stretta attualità. Una macchina perfetta, talmente veloce da permettere alle aziende di ridurre al minimo le scorte, arrivare ad una fornitura in tempo reale, a seconda delle necessità.

Ma come capita per le iper-tecnologiche auto di Formula 1, anche per la potente macchina ad ingranaggi dell’economia globale, performance ed affidabilità poggiano su un equilibrio fragilissimo. Così nel 2018 è bastato gettare un po’ di sabbia tra gli ingranaggi per iniziare a farle perdere i primi colpi. Granelli di sabbia: il rallentamento dell’economia cinese, le avventate mosse sui dazi dell’amministrazione americana. Alcuni ingranaggi cominciano a fare rumore, a svirgolare leggermente, saltando qualche incastro.

Poi è arrivato il coronavirus. La Cina, il grande ingranaggio iniziale, quello che nell’ultimo decennio ha sostanzialmente guidato il movimento, inizia ad oscillare pericolosamente. Ne fanno le spese per primi gli ingranaggi più prossimi: le aziende esportatrici europee, il settore dell’auto. La gigantesca macchina rallenta ma continua, sicura che si tratti di un problema isolato, risolvibile in qualche mese. Poi arriva Codogno ed il resto della storia è sotto ai nostri occhi. La macchina si ferma. Sembrava impossibile, alcuni ingranaggi inizialmente non cedono alla realtà e provano a sfidare il buonsenso, cercando lo stesso di girare. Sforzo vano, pericoloso, scellerato per certi versi.

La macchina ripartirà, questo è certo. Ma non sarà una nuova macchina, almeno nel breve periodo. Le sue logiche di funzionamento non si possono modificare in pochi mesi e questo implica che, per ripartire, tutti gli ingranaggi dovranno essere di nuovo operativi. Tempi non brevissimi, quindi. Fuor di metafora, se l’Italia uscirà tra qualche settimana dall’emergenza – e tutti speriamo che sia davvero così – non potrà certo spingere sull’export fino a che gli USA o la Germania o il Regno Unito rimangono in lockdown. Non avremo di nuovo flussi di turisti fino a che le autorità sanitarie non permetteranno alle persone di viaggiare in sicurezza. Se ne sta accorgendo anche la Cina dove, pur con alcuni dati macro positivi a marzo, le esportazioni ed i consumi interni rimangono deboli. La ripresa a V è qualcosa a cui la maggior parte degli economisti non crede più. Alcuni ipotizzano che potrà valere per alcuni settori, forse la manifattura, mentre per il settore dei servizi si dovranno attendere tempi più lunghi per rivedere la crescita.

Raffigurare l’economia globale come una grande macchina ad ingranaggi permette di fare altre considerazioni, che sarà bene tenere a mente per capire come potrà configurarsi il futuro prossimo.

La prima è che, per aggiustare questo complesso aggeggio, servono tutti i meccanici disponibili. E naturalmente devono lavorare in coordinazione tra di loro, evitando di intralciarsi l’uno con l’altro e condividendo i piani di intervento.

Secondo. Il blocco degli ingranaggi non si risolve soltanto facendo colare all’interno del meccanismo abbondanti quantità di lubrificante (politica monetaria). C’è da riparare qualche dente saltato, rimuovere la sabbia gettata qualche tempo fa, risincronizzare i movimenti (politica fiscale).

Terzo. In questo complesso e lungo processo di revisione, qualche ingranaggio potrebbe essere considerato di troppo. Bisognerà evitare con cura di non essere quell’ingranaggio.

Ultimo, per chiudere con una nota ottimistica. Nuovi ingranaggi potrebbero trovar spazio nella complessità del meccanismo, ingranaggi di sicurezza, che possano isolare un pezzo guastato e permettere che il movimento continui. Opportunità. Come una safety car, tornando alla Formula 1, che elimina i vantaggi accumulati, mescola le carte e da nuove possibilità ai piloti.

Foto di MustangJoe

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