Secondo il Cross Border IPO Index redatto da Baker McKenzie, nel primo semestre del 2019 le operazioni di offerta al pubblico dei titoli di una società (IPO) sono calate, a livello globale, del 37% su base annua.
Nelle 519 operazioni di raccolta capitali registrate, sia interne ai vari mercati nazionali che internazionali (cross-border), sono stati raccolti 69,8 miliardi di dollari, il livello più basso dal 2016 ad oggi; ben al di sotto delle attese del precedente report di Baker McKenzie.
Decidere di quotarsi ha molto a che vedere con la fiducia nell’evoluzione dei mercati, ed in questi mesi la fiducia è stata messa a dura prova dalle vicende economico-politiche internazionali. Le tensioni commerciali USA-Cina, il lungo periodo di shutdown governativo USA tra fine 2018 ed inizio 2019 ed una sempre più incerta gestione della questione Brexit, sembrano aver indotto molte società ad attendere qualche schiarita prima di fare il grande passo, raccogliere capitali e quotarsi in borsa. A questi fattori si sono aggiunte preoccupazioni sempre più consistenti su una possibile entrata in recessione dell’economia globale nel 2020.
Pur intravedendo un sottofondo positivo per i prossimi mesi, l’analisi di Baker McKenzie mette in evidenza come le difficoltà maggiori alla nascita di nuove IPO siano venute soprattutto dalla zona europea e dalla Cina. Complici le difficoltà sulla Brexit ed un quadro macroeconomico in netto rallentamento, le operazioni su base nazionale sono calate in Europa del 57%, con la raccolta di capitali scivolata del 64% rispetto all’anno precedente.
Un dato su tutti è quello del mercato interno inglese. Le IPO nei primi 6 mesi del 2019 sono state 13, contro le 38 dello stesso periodo del 2018. Il capitale raccolto, sempre rispetto al primo semestre dell’anno scorso, è crollato del 46%. Livelli che, al di là della Manica, non si vedevano da 10 anni a questa parte.
Se la zona europea non ha brillato, a livello globale non è andata meglio. Le operazioni a carattere nazionale sono calate complessivamente del 32%. Solo gli USA hanno tenuto, con un +13% nella raccolta di capitali ma con un volume di operazioni in calo (complice lo shutdown che ha coinvolto anche la SEC, la “Consob” a stelle e strisce).
Dicevamo che sul dato pesano anche le difficoltà della Cina. Ciò è evidente soprattutto nelle operazioni su base internazionale. Aspetto, questo, molto interessante, che certifica come il gigante asiatico subisca un clima di diffidenza internazionale. Il capitale raccolto dalle società cinesi è letteralmente crollato dai 15,5 miliardi di dollari del primo semestre 2018, agli 8,8 miliardi dei primi 6 mesi del 2019. Un tonfo di oltre il 40%. Interessante anche il dato sui capitali cinesi raccolti da società estere. Pur rimanendo uno dei principali mercati di “approvigionamento”, le sole società USA hanno visto assottigliarsi la raccolta del 62%, appena 3,3 miliardi di dollari.
Una situazione di grande incertezza che si riverbera sull’indice elaborato da Baker McKenzie. Il Cross Border IPO Index scende di 10 punti percentuali rispetto alla lettura precedente ma, sottolinea lo studio, si mantiene su livelli piuttosto elevati, registrando il secondo dato più alto dal 2014.
Numeri che sembrano confermare la fragilità del quadro internazionale, anche se nel report c’è ottimismo sulla seconda parte dell’anno. Molto probabilmente la definitiva soluzione di alcuni nodi (dazi e brexit) potrebbe permettere a società ed investitori di riprogrammare i loro progetti e tornare a confrontarsi su mercati un po’ più sereni.