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Warren Buffet e quei $114,75 investiti a 11 anni

Uno degli appuntamenti più attesi di ogni inizio d’anno è senza dubbio quello con la lettera che Warren Buffet, il patron di Berkshire Hathaway, manda agli azionisti della società. Tra qualche ombra e molte luci c’è spazio anche per qualche istruttivo aneddoto.

Il 2018 ha lasciato il segno anche in casa Berkshire Hathaway con un ultimo trimestre che ha fatto registrare una perdita di 25 miliardi di dollari di profitto operativo. A pesare sono stati soprattutto il crollo di borsa di Kraft Heinz, il calo delle vendite degli iphone ed il fallimento di PG&E. Warren Buffet sottolinea però che non bisogna guardare al singolo albero ma all’intera foresta; e infatti il 2018 chiude con un utile di 4 miliardi di dollari ed un livello (record) di profitti operativi pari a 24,8 miliardi di dollari. Il tutto grazie al buon andamento del settore non assicurativo del gruppo con il trasporto ferroviario e quello energetico a fare da traino.

Berkshire Hathaway aumenta la propria liquidità (112 miliardi di dollari) in attesa di scovare il famoso “elefante” su cui investire ma, si legge nella lettera, i prezzi molto alti ed il livello di volatilità attuale consigliano prudenza.

Tra le pieghe della lettera di Warren Buffet spicca un paragrafo dedicato a quella che lui chiama The American Tailwind. Un vento di poppa che spinge, sin dalla sua nascita, gli Stati Uniti d’America.

Buffet ricorda come, l’11 marzo del 1942, all’età di 11 anni investì i suoi risparmi (raccolti da quando di anni ne aveva 6) in 3 azioni della Cities Service. 114,75 dollari che segnarono, di fatto, l’inizio di una carriera sfolgorante.

Eppure, scrive il “l’oracolo di Omaha”, erano anni di difficoltà per gli Stati Uniti. Entrati in guerra solo pochi mesi prima, gli USA e gli alleati continuavano a segnare pesanti sconfitte. Ciò nonostante, sostiene Buffet, nemmeno in quel momento così cupo la maggioranza degli americani abbandonò il suo ottimismo, in pochi avevano qualche dubbio sul fatto che la guerra sarebbe stata vinta. Non sarebbe stato facile, come non lo era mai stato per il giovane stato americano sin dalla sua nascita.

Buffet ricorda come, dalla ratifica della Costituzione del 1788, gli USA abbiano sperimentato una sanguinosa guerra civile ed una terribile recessione, quella del 1929.

Quei 114,75 dollari, investiti in tempi bui ma con la certezza di un futuro prospero per il paese, oggi – facendo riferimento all’andamento dello S&P 55, dividendi compresi – avrebbero fruttato oltre 600 mila dollari. Se il giovane Warren li avesse investiti in oro, per la paura del momento, ora si ritroverebbe con poco più di 4mila dollari.

Da quel lontano 1788 ad oggi, gli americani sono riusciti a costruirsi un patrimonio privato di oltre 108 trilioni di dollari. Con governi repubblicani e democratici, con spirali inflazionistiche e alta disoccupazione. Ma tutto con un un’unica certezza: il risparmio. Se i padri fondatori avessero speso tutto quello che producevano non ci sarebbero stati investimenti, niente prosperità, niente vento in poppa. E di questo vento in poppa Buffet è convinto che gli USA sapranno approfittare anche in futuro, così come ne sapranno approfittare altre nazioni (e Berkshire Hathaway continuerà ad investire anche fuori dai confini nazionali).

Quasi un testamento, quello di Warren Buffet, che chiude così:

Charlie ( Munger, vice presidente di BH ndr) and I happily acknowledge that much of Berkshire’s success has simply been a product of what I think should be called The American Tailwind. It is beyond arrogance for American businesses or individuals to boast that they have “done it alone.” The tidy rows of simple white crosses at Normandy should shame those who make such claims.

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