Petrolio, il dilemma dell’OPEC

Il 6 dicembre, a Vienna, l’organizzazione dei paesi produttori di petrolio dovrà decidere se ridurre o meno la produzione di barili di greggio. Sul tavolo lo scivolone dei prezzi – -30% in due mesi – e le pressioni politiche sull’Arabia Saudita.

Il prezzo del Brent si attesta oggi attorno ai 62 dollari al barile, non molto distante dalla quotazione di inizio 2018 ma in netta contrazione dai massimi di settembre, quando toccò quota 84 dollari al barile. Una fiammata, quella di fine estate, in parte ricollegabile ai timori sulle sanzioni USA all’Iran (entrate poi in vigore il 5 novembre) e che si è presto raffreddata. Da un lato le diminuite aspettative sulla crescita economica mondiale e dall’altra una situazione geopolitica complicata, hanno spinto i mercati a considerare troppo elevati i livelli di produzione, penalizzando perciò il prezzo.

Al centro delle attenzioni rimane l’Arabia Saudita. L’amministrazione Trump, in previsione della reintroduzione delle sanzioni all’Iran, aveva spinto i sauditi ad aumentare la produzione di greggio. Poi il colpo di scena, con la concessione, da parte della Casa Bianca, di continuare a trattare olio iraniano per 8 paesi, tra cui la Cina. In poco tempo le paure di un crollo dell’offerta di petrolio si sono trasformate in un rischio di sovraproduzione.

La decisione più saggia, dal punto di vista dell’OPEC, sarebbe ora quella di tagliare la produzione e sostenere i prezzi. In caso contrario, quanto visto negli ultimi due mesi potrebbe essere un semplice antipasto. Cosa potrebbe ostacolare i paesi produttori nel prendere questa decisione? Ancora una volta è lo stretto rapporto tra USA ed Arabia Saudita ad essere decisivo. Secondo molti analisti il sostegno dell’amministrazione Trump sulla questione Khashoggi sarebbe un evidente tentativo di persuadere l’alleato a mantenere gli attuali livelli di produzione, paventando oltretutto una ripresa del ricorso alla produzione di greggio americana.

Un dilemma, quello dell’OPEC, che dovrà essere sciolto il 6 dicembre in un clima teso e con la fresca decisione da parte del Qatar di uscire dal consesso a partire da gennaio 2019 e di concentrarsi sul gas naturale. Le attese degli analisti sono per un taglio di almeno 1 milione di barili a giorno.

 

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