Dal 1993 la Federal Reserve, la banca centrale statunitense, utilizza un algoritmo per fissare le aspettative sull’andamento futuro dei tassi a breve termine. Si tratta della famosa regola di Taylor che prende in considerazione sia i rischi di inflazione che la dinamica del mercato del lavoro.
Elaborata nel 1993 dall’economista statunitense J.B. Taylor, questa regola è il risultato di un’analisi quantitativa delle relazioni tra diverse variabili macroeconomiche ed i titoli di stato USA a breve termine (i cosiddetti Fed Funds). Lo studio dei dati dal dopoguerra sino ai giorni nostri, ha permesso di constatare come la politica monetaria abbia un ruolo chiave su alcune variabili macroeconomiche: l’inflazione, la crescita e il tasso di disoccupazione). Più precisamente la politica monetaria influisce sulle differenze tra queste variabili ed i loro valori target, ossia gli obiettivi di inflazione e crescita fissati dalle istituzioni nazionali.
La regola di Taylor permette alle banche centrali di quantificare di quanto far variare i tassi di riferimento nominali a fronte di uno shock che provochi uno scostamento dei livelli di inflazione e di disoccupazione dai loro valori target.
Ogni banca centrale fissa degli obiettivi (target) rispetto a determinate variabili macroeconomiche. La FED, ad esempio, tiene sotto controllo sia il tasso di inflazione (attualmente il target è attorno al 2%), sia il tasso di disoccupazione (attorno al 6%). La BCE si concentra solo sul tasso di inflazione con un target attorno al 2%.
La regola di Taylor permette alle banche centrali di pesare i vari obiettivi, attribuendo maggiore rilevanza a quello statutario. La formula, in termini nominali, è la seguente:
I = i + (1 + α)(πt – πo) + ß(yt – yo)
- I = tasso di interesse nominale
- i = tasso di interesse in caso di scostamenti nulli
- πt – πo = scostamento tra inflazione reale e inflazione target
- yt – yo = scostamento tra Pil reale e Pil desiderato (o disoccupazione reale e disoccupazione target)
- α e ß = i pesi assegnati ad ogni scostamento
Il ricorso alla regola di Taylor ha permesso ai mercati di aumentare la loro capacità di previsioni delle mosse delle Banche Centrali, rendendone più trasparente l’operato e riducendo notevolmente l’incertezza degli investitori. Il risultato è stato anche una minore volatilità delle aspettative di inflazione ed una riduzione dell’intervallo di movimento dell’inflazione. Tutto ciò si è tradotto in una sensibile riduzione del premio (e quindi dei rendimenti) sulla parte a lungo periodo della curva dei tassi.